Querele ai giornalisti, un appello all’Europa. Dilagano le intimidazioni legali. Così si mette il bavaglio alla professione

Querele ai giornalisti, un appello all’Europa. Dilagano le intimidazioni legali. Così si mette il bavaglio alla professione

Daphne Caruana Galizia era una giornalista investigativa maltese – lavorò molti anni al The Sunday Times – che rimase uccisa più di tre anni fa nell’esplosione con la dinamite della sua auto. Aveva ricevuto una quarantina di querele per diffamazione anche da magistrati e uomini politici e aveva espresso paura per le minacce ricevute e il clima di intimidazione legale attorno a lei.

Prendendo spunto dal suo tragico caso, 87 organizzazioni tra cui OBC Transeuropa hanno sottoscritto un appello per tutelare i giornalisti dalle cosiddette “cause bavaglio” che vengono fatte solamente per intimorire che fa il proprio lavoro che, in questo caso, è la linfa della democrazia. Tecnicamente tali cause si chiamano “querele temerarie”, in inglese l’acronimo è SLAPP, e sarebbero sanzionate anche dal codice penale italiano, ma purtroppo è una norma quasi mai applicata. Quindi la coalizione anti – SLAPP ha diffuso un appello nelle diverse lingue europee richiedendone la pubblicazione in contemporanea. Si auspica anche un pronto intervento dell’Unione Europea perché fare del buon giornalismo serve a tutti soprattutto ai politici.

La Commissione Europea nello scorso novembre si è impegnata a limitare le querele temerarie. I figli di Daphne (nella foto) hanno detto che “per ogni giornalista o attivista minacciato con la violenza in Europa, altri cento sono zittiti con discrezione da lettere inviate da studi legali”. Undici i giornali che hanno aderito all’iniziativa tra cui lo spagnolo El Diario, il portoghese Publico, il greco Documento, il bulgaro Dnevik, il polacco Gazeta Wyborcza e dovrebbe seguire il francese Le Monde.

In questi giorni, peraltro, assistiamo alla condanna da parte del tribunale di Shanghai a quattro anni di carcere della giornalista e blogger cinese Zhang Zhan. La motivazione è quella di aver messo in cattiva luce il governo cinese nella gestione della pandemia a Wuhan. Ricordiamo che il governo cinese comunicò con ritardo i dati all’OMS e che la Cina è recidiva nel produrre pandemie devastanti.