Responsabilità dei giudici. I risarcimenti restano possibili. La nuova legge rischia di beffare le parti lese. Il caso Terravision e l’allarme per le ricusazioni

Responsabilità dei giudici. Risarcimenti possibili. La nuova legge rischia di beffare le parti lese. Il caso Terravision e l’allarme per le ricusazioni

Una pericolosa confusione sulla responsabilità civile dei magistrati rischia di beffare proprio le parti che la nuova legge intende difendere. Un recentissimo chiarimento della Cassazione ha disinnescato infatti il pericolo di paralisi dei processi a causa della prevedibile pioggia di ricusazioni. Troppo facile per un imputato disfarsi del giudice che lo sta perseguendo. E per questo la Corte ha specificato che l’azione di risarcimento dei danni “non costituisce di per sé ragione idonea e sufficiente ad imporre la sostituzione del singolo magistrato”. Ci sono però situazioni diverse – e qui scatta la confusione – nel caso della richiesta di risarcimento per il grave danno subito da un soggetto a seguito di un’azione del magistrato poi rivelatasi non idonea da altro magistrato. Qui la vicenda che promette di fare giurisprudenza è un’intricata battaglia giudiziaria che coinvolge una società controllata dal gruppo britannico Terravision (leader europeo nei servizi di trasporto da e per gli aeroporti).

FACILE CONFUSIONE
Come ha raccontato il 17 aprile scorso il Corriere della Sera in un articolo dal titolo decisamente esaustivo: “L’imputato «processa» i magistrati mentre la causa è ancora in corso”, il collegamento tra la nuova legge sulla responsabilità delle toghe e l’azione risarcitoria è automatico. In realtà, invece, proprio nel caso di Terravision – ma il principio può valere per chiunque – non c’è nessun parallelismo tra la richiesta di risarcimento e il procedimento penale in cui è imputato il fondatore della società britannica. Senza voler «processare» i giudici mentre il procedimento è ancora in corso, Terravision ha precisato di aver solo chiesto i danni (stimati in 6 milioni di euro) dovuti a un’istanza di fallimento dell’azienda presentata dai pubblici ministeri e poi rigettata da altro giudice. Una decisione, diventata definitiva, che ha rischiato di far cadere l’azienda e messo in serio pericolo le concessioni di trasporto. L’elemento che va fatto notare è che la possibilità di chiedere un tale risarcimento non è intaccata dalla nuova legge sulla responsabilità civile dei giudici, in quanto prevista anche dalla precedente normativa recentemente modificata dopo le reiterate prescrizioni di Strasburgo, sede giurisdizionale a cui si rivolgono sempre più spesso i cittadini italiani.

TRADITO IL MERCATO
Il caso Terravision sta così diventando emblematico non solo per l’applicazione delle novità giuridiche, ma anche per quella che è ormai una evidente violazione della libera concorrenza economica sui mercati europei. Il gruppo britannico, infatti, è sotto processo in Italia da oltre dieci anni, con l’effetto di essere svantaggiato rispetto ai competitor di casa nostra. L’ultima riprova è l’ostruzionismo della società di gestione dell’aeroporto di Orio al Serio, che ha sottratto col pretesto del Durc (documento di regolarità contributiva) non in regola le postazioni più vantaggiose per l’attività commerciale conquistate dai britannici. A far apparire irregolare il Durc era però proprio il contenzioso oggetto della lunga battaglia giudiziaria. E dire che Terravision ha portato indiscutibili vantaggi ai consumatori, offrendo servizi che prima costavano il doppio e così costringendo i concorrenti italiani ad abbassare le loro tariffe di trasporto. Di qui le proteste arrivate alle autorità italiane anche dall’ambasciatore inglese a Roma. Per questo la società si è rivolta con un atto di significazione a tutela della legalità a tutte le massime autorità nazionali, a partire dal Presidente della Repubblica. Legalità che però appare stravolta a solo vedere la fine che ha fatto la piazza intitolata a Winston Churchill a Roma. Dopo anni di degrado proprio Terravision l’aveva recentemente restaurata a proprie spese. A distanza di pochi mesi la piazza è però nuovamente devastata. Non gesti di comuni teppisti, ma evidentemente l’intimidazione di qualcuno che non sopporta le capacità industriali del vettore britannico. Per questo la British School at Rome, il più prestigioso istituto di ricerca britannico all’estero, ha chiesto alle Forze dell’ordine un presidio. Richiesta ribadita dal municipio competente. Quando a chiedere attenzione è una società non italiana però la risposta è il più assoluto silenzio. Non ci si meravigli poi se dall’estero non ci pensano proprio ad investire nel nostro Paese.