Riforme

di Gaetano Pedullà

In Italia c’è qualcosa di più difficile che fare le riforme? La risposta è no. Per tanti motivi. Troppe rendite di posizione, troppi interessi corporativi, troppa debolezza della politica hanno creato caste disposte a tutto pur di non perdere i diritti acquisiti. Scardinare dunque un pilastro fondamentale del sistema – l’ormai anacronistico bicameralismo perfetto – era scontato che suscitasse il colpo di coda di chi ha costruito la propria fortuna politica e personale grazie a una Costituzione altrettanto anacronistica e – parlano i fatti! – da tempo inadeguata a far crescere il Paese. Il disegno di legge proposto da Renzi e confermato ieri all’unanimità dal Consiglio dei ministri è dunque fumo negli occhi di chi non vuole rinunciare allo status quo, magari con il pretesto di preziose dottrine (grazie alla quali l’Italia è oggi nelle condizioni che tutti vediamo). Per un giornale sinceramente riformista come quello che state leggendo, la sortita del presidente del Senato, così come quella del ministro Giannini, evaporata nel giro di poche ore, sono la prova che la casta non vuole arrendersi. Anche in questa crisi, con la politica da una parte e gli italiani da un’altra, c’è chi tenta di azionare il freno, di proporre sempre il meglio per non realizzare mai il buono. Ma a forza di star fermi siamo rimasti al palo. Il mondo ha corso e correrà sempre di più. Mentre noi qui stiamo a discutere se tenerci ancora il vecchio Senato, garanzia di una saggezza nell’iter delle leggi che non ha impedito il varo di norme vergognose; una per tutte il Porcellum. Per questo motivo la spinta di Renzi – con tutti i limiti che discendono dalla scelta sciagurata di aver preso Palazzo Chigi senza passare dalle urne – spaventa la vecchia politica e piace enormemente al Paese. Grasso ha fatto un passo falso a farsi portavoce del vecchio. Il nuovo avrà tante incognite, ma un minuto di futuro non vale dieci anni del passato.