Sberla del Tar e Brunetta cade dal cavallo Rai

di Clemente Pistilli

In tv conta la qualità e non la quantità. È importante che un conduttore mostri professionalità intervistando gli ospiti, mentre conta poco quanti intervistati siano di sinistra e quanti di destra. Un conto sono le tribune elettorali e un altro tutto il resto. Insomma, piaccia o no, anche nella tv di Stato chi conduce una trasmissione può invitare proprio chi vuole, senza dover continuamente mettere sul bilancino questo o quell’altro partito. A stabilirlo sono stati i giudici del Tar del Lazio, che hanno accolto i ricorsi presentati dalla Rai e annullato i provvedimenti dell’Agcom contro le trasmissioni di Rai3 “In 1/2 ora”, di Lucia Annunziata, e “Che tempo che fa”, di Fabio Fazio. Una bocciatura su tutta la linea dell’Authority per le comunicazioni e dello stesso Renato Brunetta, che con i suoi esposti aveva portato ai provvedimenti finiti nel tritacarte.

L’ira funesta di Renato
Da mesi Renato Brunetta non fa passare giorno senza fare le pulci su quanto accade in viale Mazzini. Il capogruppo alla Camera di Forza Italia lamenta la costante mancanza di pluralità nelle trasmissioni Rai, in larga parte sbilanciate a sinistra, la scarsa trasparenza sui compensi, i costi in generale sostenuti dalla spa, le scelte relative ai format. Scatenatissimo il falco azzurro. La sua battaglia, spostatasi sul fronte giudiziario, è però finita con una prima sconfitta. Il Tar le sue tesi le ha bocciate. Brunetta aveva presentato all’Autorità garante per le comunicazioni esposti su Rai3 e, nello specifico, sulle trasmissioni “In 1/2 ora” e “Che tempo che fa”. L’esponente del centrodestra aveva monitorato i due programmi. Aveva specificato che in quello diretto da Lucia Annunziata, tra il 7 ottobre 2012 e il 9 giugno 2013, su 29 puntate in 14 erano stati scelti come ospiti rappresentanti del Pd o del centrosinistra. Situazione analoga nella trasmissione di Fabio Fazio. Tra il 30 settembre 2012 e il 26 maggio dello scorso anno, su 60 ospiti ben 20 erano del Pd o del centrosinistra, ma soprattutto appena quattro del centrodestra: Sandro Bondi, due volte Roberto Maroni e Angelino Alfano. Trasmissioni troppo sbilanciate. Contrarie ai principi di completezza e correttezza dell’informazione, obiettività, equità, lealtà, imparzialità, pluralità di punti di vista, parità di trattamento ed equilibrio delle presenze. Tradotto: vetrina ambita per la sinistra e calci per gli altri, berlusconiani in primis. Una tesi fatta propria dall’Agcom, che nel luglio scorso ha emesso due provvedimenti ordinando nei futuri sei mesi di riequilibrare le presenze del Pdl nelle due trasmissioni. Per l’Authority la tv di Stato deve essere garante del pluralismo. La Annunziata aveva invece dato il 51% dello spazio al Pd e appena il 20% al Pdl e Fazio il 61% al Pd e il 5% al Popolo della libertà.

Stop dei giudici
La Rai ha impugnato i provvedimenti dell’Agcom al Tar del Lazio. E ha ora ottenuto ragione. Per i giudici amministrativi, che hanno annullato i due provvedimenti e condannato pure l’Authority a pagare le spese, la par condicio va rispettata rigorosamente nelle trasmissioni elettorali, ma per il resto non vale il semplice calcolo statistico delle presenze, ma quello sulla qualità della conduzione. “Per chi legittimamente dispone ed è responsabile del medium – è stato specificato nelle due sentenze – la libertà d’informazione include anche quella di stabilire, secondo esperienza e a proprio rischio professionale, a quali informazioni politico-sociali l’opinione pubblica sia maggiormente interessata in un determinato momento, scegliendo di conseguenza quali prodotti informativi offrire, secondo il format impiegato”. Qualità e non quantità. Soprattutto giornalisti liberi di informare senza lacci e lacciuoli prodotti da una norma o dall’altra.

Un’altra guerra
La decisione del Tar ha ovviamente scatenato opposte reazioni. Oltre alla sinistra, a gongolare per quella bocciatura delle tesi sostenute dal centrodestra è stato il direttore di Rai3, Andrea Vianello: “Sono molto soddisfatto per la sentenza del Tar e contento per Rai3, oltre che per grandi professionisti come Fazio e Annunziata, che avevano subito un’accusa rivelatasi gratuita e inconsistente”. A scagliarsi contro la Rai di sinistra e gli stessi giudici sono stati invece Forza Italia e lo stesso Brunetta. “Le motivazioni della sentenza – è stato scritto sul Mattinale degli azzurri – suscitano insieme sconcerto e un senso di liberazione”. Per loro è la prova che la stessa magistratura consente alla tv di Stato di fare politica. “Una sentenza che garantisce il diritto di faziosità alla Rai e in particolare a Rai3”, ha rincarato la dose Brunetta. Un’altra battaglia. Sentenze o no larghe e piene intese, almeno sulla tv, è davvero difficile che vengano trovate tra i due poli. E le trasmissioni televisive sembrano destinate ad essere sempre più un ring.

Brunetta non cede
Ora batte sui costi
per Sanremo

Non sono due sentenze a mettere il silenziatore a Brunetta. Il capogruppo forzista non ci pensa proprio ad abbandonare la battaglia sulla Rai e anziché lascire rilancia. Vuole sapere quanto verranno pagati i professionisti ingaggiati per Sanremo e subito. L’ex ministro ha così presentato l’ennesima interpellanza e chiesto l’intervento dei ministri Fabrizio Saccomanni e Gianpiero D’Alia. Renato Brunetta, basandosi sulle nuove norme relative agli obblighi di razionalizzazione nella pubblica amministrazione e agli obblighi di comunicazione dei costi del personale estesi ai singoli rapporti di lavoro, dipendenti o autonomi, punta a far presentare e pubblicizzare prima possibile quei costi alla Rai. Era già intervenuto a gennaio sull’argomento e il sottosegretario Giovanni Legnini gli aveva assicurato massimo impegno per far applicare la norma. Non vedendo ancora nulla, Brunetta ha così presentato una nuova interpellaza, partendo proprio dai costi per il Festival di Sanremo, che sarà un caso ma a condurlo sarà sempre Fazio.