Se i pochi magistrati in servizio fanno incetta di incarichi extra

di Stefano Sansonetti

Il dibattito, ormai, va avanti da una vita. Segno evidente che, in un modo o nell’altro, da più parti si mantiene inalterato il dubbio che non di rado i giudici si trovino a svolgere attività che nulla hanno a che fare con quella di magistrato. Parliamo della giungla degli incarichi extragiudiziari, un coacervo di lavori paralleli che spesso sottraggono tempo prezioso alla già lentissima macchina della giustizia. Situazione che non brilla certo per opportunità, se già si considerano le pesanti carenze di organico di cui soffre la magistratura. E qual è il risultato? Che negli ultimi sei mesi, aggiornati al 13 novembre scorso, il totale degli incarichi autorizzati dal Csm alle toghe ha toccato quota 466. Nel semestre precedente, dal 14 novembre 2012 al 13 maggio 2013, erano stati addirittura 961, quasi il doppio dei 494 assegnati dal 14 maggio al 13 novembre del 2012. Alla faccia di tutti i tentativi di mettere un freno alla “pratica” che non soltanto consente alle toghe di integrare il loro già lauto stipendio, ma di fatto finisce con il togliere ore che potrebbero essere dedicate allo smaltimento della montagna di cause che stritolano i tribunali nostrani. Non per niente si chiamano incarichi “extragiudiziari”, in quanto relativi ad attività che nulla hanno a che vedere con quelle tradizionalmente svolte dal magistrato. Per non parlare di come i giudici, ormai, siano reclutati da società, enti di consulenza e università private, come quella della Confindustria. E la terzietà che fine fa? Ebbene, i numeri ora sono messi nero su bianco proprio dal Csm, che ha appena aggiornato il volume degli incarichi conferiti nell’ultimo semestre. Inutile nascondere che la prima cosa a impressionare è proprio la mole del fenomeno.

I contorni
La querelle è a dir poco annosa, ma questi numeri non fanno che rinverdirla alla grande. Sono stati versati fiumi di inchiostro per censurare, anche da parte di alcune componenti della magistratura, un andazzo che tra le altre cose pone una questione di vitale importanza nell’esercizio della funzione del magistrato. Parliamo del rispetto dell’imparzialità, della terzietà della toga. Princìpi che a volte sembrano essere seriamente messi in discussione dalla natura degli incarichi extragiudiziari concessi. Il tutto per una situazione in cui, al di là del formale rispetto della normativa in materia, lo stesso Csm pare concedere in maniera sin troppo garibaldina questa specie di “premi”. E spuntano fuori realtà altisonanti. Tra chi assegna più incarichi, guardando agli ultimi tre semestri, c’è la Luiss, l’ateneo confindustriale presieduto dall’ex numero uno di viale dell’Astronomia Emma Marcegaglia. C’è la Wolters Kluwer, multinazionale che si occupa di editoria e formazione professionale. Per non parlare della Altalex Consulting, altra società attiva nell’editoria e nella formazione giuridica. Ma vengono fuori anche atenei on line o università private presiedute da ex politici. Tra chi elargisce incarichi, naturalmente autorizzati dal Csm, c’è per esempio la Link Campus University of Malta, presieduta dall’ex ministro Vincenzo Scotti. Ma spunta fuori anche l’università telematica e-Campus.

Il meccanismo
Diciamo subito che da un punto di vista formale il Csm, affidato alle cure del vicepresidente Michele Vietti, concede questa sorta di “collaborazioni esterne” valutando il rispetto di una vasta normativa in materia accumulatasi negli anni. Queste norme, attuate nel corso del tempo da tutta una serie di circolari del medesimo organo di autogoverno (tra le più recenti una del 12 aprile 2013), distinguono le attività in tre categorie: espletabili senza autorizzazione, inderogabilmente vietate e soggette ad autorizzazione. Il fatto è che ogni norma viene interpretata, ed è soprattutto la linea di confine tra le ultime due categorie a rischiare di rivelarsi labile.