Giorgia Meloni preferisce andare controcorrente. O, forse, sarebbe meglio dire che preferisce sempre e comunque inseguire Donald Trump. Così per il governo italiano l’isolamento in Europa (e tra i Paesi occidentali) è inevitabile. Tanto sui dazi quanto sul riconoscimento dello Stato di Palestina. Proprio su quest’ultimo tema, infatti, Roma è ormai rimasta l’unica capitale europea a parlare di riconoscimento “prematuro” e “controproducente”, mentre tutti gli altri Paesi – con l’eccezione degli Usa – prendono una netta posizione per fare pressing su Benjamin Netanyahu e convincerlo a porre fine alla distruzione di Gaza. Ormai in Europa tutti stanno seguendo l’esempio della Francia.
L’ultima ad accodarsi è stata la Germania, con il ministro degli Esteri, Johann Wadephul, che ha spiegato la posizione di Berlino: il riconoscimento della Palestina “deve avvenire alla fine di un processo”. Ma quel processo “deve iniziare ora”. L’esatto opposto di ciò che dice il governo italiano, quando parla di decisione prematura. “La Germania non si tirerà indietro di fronte a questo obiettivo e sarà anche costretta a reagire a passi unilaterali”, aggiunge il ministro. Evidenziando un allontanamento del governo con Netanyahu rispetto a quando il cancelliere Friedrich Merz, soltanto un mese e mezzo fa, sosteneva che Israele stava facendo “il lavoro sporco per noi” sull’Iran. Wadephul chiede a Israele “un’azione immediata, completa e sostenibile per porre rimedio alla situazione catastrofica della Striscia di Gaza”.
Riconoscimento della Palestina, Italia sempre più isolata
Nelle ultime ore alla lista di chi vuole riconoscere lo Stato palestinese si è aggiunto anche il governo portoghese, che consulterà il Parlamento sul da farsi in occasione della riunione delle Nazioni Unite di settembre. Anche il Canada, con il premier Mark Carney, ha annunciato di voler riconoscere la Palestina. Pur andando allo scontro con Trump che ora parla di accordo sui dazi “molto difficile” proprio per questa decisione. A scuotere tutti è stato il presidente francese, Emmanuel Macron, annunciando per primo tra i grandi occidentali il riconoscimento dello Stato palestinese a settembre. Parigi è ormai in compagnia di altri 147 Paesi, ma è stata la prima tra le capitali europee che fanno parte del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Prima della Francia, erano state Spagna, Irlanda e Norvegia a fare lo stesso annuncio.
Negli scorsi giorni si è aggiunto anche il Regno Unito, con il premier Keir Starmer che ha annunciato il riconoscimento se Israele non metterà fine alle operazioni entro settembre. D’altronde la questione è quella dei due Stati su cui l’occidente spinge, ma che Netanyahu rifiuta. E allora solo con il riconoscimento dello Stato di Palestina si può tornare davvero a parlarne. Ora e non più avanti, come vorrebbe Meloni quando parla di un riconoscimento che oggi rischia di essere “controproducente”.
Meloni controcorrente pure sui dazi
D’altronde ormai l’Italia, pur di non contraddire Trump, preferisce isolarsi in Europa. Come ha fatto anche con i dazi. L’intesa per tariffe al 15% trovata tra Ue e Usa non è piaciuta praticamente a nessuno. La Francia è sul piede di guerra, la Spagna ha criticato l’accordo e persino l’Ungheria di Viktor Orban ha criticato la Commissione Ue. Il premier francese, Francois Bayrou, ha parlato di “giorno buio” in cui i Paesi europei hanno deciso di “sottomettersi”. Pure la Germania, inizialmente tra le più favorevoli alla linea morbida con gli Usa, ha espresso dubbi con Merz che si è detto “insoddisfatto” dell’accordo per tariffe al 15%. Per non parlare di Macron che promette battaglia sostenendo che “non finisce qui”. Tutti contrari, quindi.
Con un’unica eccezione. Quale? L’Italia, ovviamente. Meloni si è di fatto detta sollevata dell’accordo, perché l’importante era evitare la guerra commerciale. Così come ribadito anche dal suo ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, durante il question time alla Camera. E poco importa se a pagare il prezzo dei dazi saranno le imprese e i lavoratori italiani. L’importante è non far arrabbiare Trump. A costo di restare isolati in Europa, tanto sulle tariffe quanto sul riconoscimento della Palestina.