Siria, ora Renzi fa il pacifista. Non faremo la guerra all’Isis. Per il premier le bombe non risolvono i problemi. La Pinotti chiude la vicenda: nessun raid aereo

Contrordine compagni. I raid aerei in Iraq contro i tagliagole dello Stato islamico non ci saranno. Lo ha detto ieri il presidente del Consiglio Matteo Renzi, che ha indossato i panni del pacifismo militante e ha chiuso la porta in faccia agli Stati Uniti che chiedevano all’Italia un intervento militare nei territori occupati dall’Isis. Parlando alla Camera, in vista del Consiglio europeo di oggi, il premier ha detto chiaramente che i problemi della Siria “non si risolvono con le bombe”. Concetto, poi, ribadito dallo stesso ministro della Difesa Roberta Pinotti, la quale ha confermato che il nostro Paese non parteciperà ai raid aerei. “In passato l’Italia ha fatto molte operazioni con i propri caccia – ha messo in chiaro la Pinotti – in questo momento, e per quello che valutiamo essere le esigenze in Iraq, non è una scelta che il governo italiano ha fatto”. Un contrordine che, in realtà, ci fa tornare con i piedi per terra. Perchè andare a bombardare i jihadisti con quattro vecchissimi e scadenti Tornado sarebbe stato da veri Tafazzi. E sarebbe stato un pericolo più per noi che per l’Isis.

LA RENDICONTAZIONE
Immigrazione, terrorismo e guerra. Il passaggio alla Camera di Renzi è una noiosa rendicontazione della debole posizione dell’Italia in Europa. Dichiarazioni a senso unico che lasciano presagire l’inutilità della presenza del premier al Consiglio europeo che si terrà nei prossimi due giorni. Prima si celebra per come l’Unione europea ha “risolto” l’emergenza immigrazione: “A distanza di sei mesi e dopo il terribile naufragio di 700 nostri fratelli nel Mediterraneo, sulla questione dell’immigrazione l’Italia aveva ragione, il resto dell’Europa no”. Poi sancisce la fine del Trattato di Dublino. Ma quello che colpisce è l’assenza di un qualsiasi piano di intervento.

LA STRATEGIA
Davanti al dramma della guerra scatenata dalla furia islamista il premier non riesce a trovare una vera e prorpia soluzione. “Occorre avere una strategia che non sia soltanto una reazione – ha spiegato – e questo impone prendere atto che esiste un blocco uniforme, che non ha soluzione di continuità ma che è frammentato e variegato che parte dall’Afghanistan e arriva in Africa Occidentale unita da filo rosso del fanatismo religioso”. Una strategia che, a detta del premier, non deve passare attraverso l’intervento militare. Perché, ha messo in chiaro, “le bombe non risolvono il problema”.