Soldati malati chiedevano aiuto. La Trenta consigliava medico e cura. Un oncologo calabrese sponsorizzato dall’ex ministro. Ignoto il rapporto tra la Difesa e il professionista

Per un oncologo la soluzione ai militari malati di cancro dopo essere stati esposti senza protezioni all’uranio impoverito, nel corso di missioni di pace nei Balcani e non solo, c’è. Ci sono cure efficaci e pure la possibilità di prevenire tali patologie. Si tratta di Pasquale Montilla. Il protocollo messo a punto dal medico calabrese non risulta aver ricevuto alcuna approvazione da parte dell’Istituto superiore di sanità e dal Ministero della Salute. Uno studio come altri, dunque, ma che a quanto pare ha goduto durante il Governo gialloverde di un potentissimo sponsor. A consigliare visite da Montilla ai militari malati è stato infatti direttamente l’allora ministro della Difesa Elisabetta Trenta.

IL CASO. A giugno un militare, colpito da un cancro dopo essere rientrato da una missione in Iraq, si è rivolto al ministro, per cercare di sapere cosa intendesse fare per le vittime dell’uranio impoverito. Di quel colloquio La Notizia ha avuto la possibilità di ascoltare una registrazione. Ed ecco che la numero uno della Difesa in quota M5S, di recente al centro delle polemiche per il mantenimento dell’alloggio dopo essere stata costretta a cedere il suo posto a Lorenzo Guerini, consiglia al suo interlocutore di farsi visitare dall’oncologo calabrese, che aveva inviato al Ministero il suo protocollo e che si era fatto anche immortalare durante una cena con lo stesso ministro. “Lei da Montilla c’è andato? Non cura il cancro – dice la Trenta al militare – però se il livello dei metalli è ancora alto nel corpo si può abbassare, non è detto che vada bene per tutti, ma vale la pena vederlo. Io le consiglio questo, lo faccio anche a costo mio personale”.

Per il ministro sembra una cosa normalissima indirizzare un malato da un determinato medico, da un privato, senza che quest’ultimo abbia alcuna collaborazione ufficiale con la pubblica amministrazione. La Trenta insiste: “Io una chiamata ce la farei. Molti potrebbero evitare di ammalarsi. Potrebbe fare delle cose prima semplicemente abbassando quelle quantità di metalli, pensaci. Quello che stai a fa è quello che devi fa. Però magari può esserci anche altro”.

IL TESTIMONE. Il militare continua le cure a cui si sta sottoponendo da tempo e non va a farsi visitare anche dal medico che le ha indicato la numero uno della Difesa. “Volevo sapere – conferma il reduce dall’Iraq – come il ministro volesse muoversi sul mio caso e su quelli di altri ragazzi. Mi ha proposto di recarmi dal dott. Montilla”. Perché sponsorizzare un determinato oncologo? Al momento in cui andiamo in stampa ancora non abbiamo ricevuto una risposta dall’ex ministro Trenta. “Quanto accaduto – dichiara Domenico Leggiero, alla guida dell’Osservatorio militare – è drammatico. Mi auguro che la magistratura intervenga quanto prima. Sono basito”.

IL PRECEDENTE. La sponsorizzazione di Montilla segue la relazione firmata da Elisabetta Trenta, insieme all’allora ministro della salute Giulia Grillo, e inviata al Parlamento con cui, sulla scorta di uno studio fatto da burocrati e privo di validità scientifica, è stato negato il nesso di causalità tra l’esposizione all’uranio impoverito e i tumori che hanno colpito tanti militari al rientro dalle missioni in Bosnia e Kosovo. Un documento che poi la Difesa ha fatto utilizzare all’avvocatura dello Stato nei tribunali per cercare di negare i risarcimenti alle vittime.