Stangata in vista per la cricca delle multe. A Roma cinque dipendenti del Comune cancellavano le sanzioni agli automobilisti “privilegiati”. Ora la Corte dei Conti gli contesta un danno di 17 milioni

Sono chiamati a rispondere di un danno erariale di oltre 17 milioni di euro, “derivante dall’illecito discarico di cartelle esattoriali connesse a violazioni al Codice della Strada”, 5 dipendenti di Roma Capitale finiti nel mirino della Guardia di Finanza e della Procura regionale del Lazio della Corte dei Conti. L’inchiesta che coinvolge i cinque dipendenti infedeli era nata da una segnalazione di una funzionaria del Comune di Roma che aveva notato un numero sospetto di discarichi “effettuati al di fuori delle procedure ordinarie”. La funzionaria, nonostante i tentativi dei suoi superiori di ostacolarla, anche con sanzioni disciplinari, si era così rivolta alla magistratura contabile, segnalando le anomalie.

I successivi accertamenti della Finanza hanno smascherato un vero e proprio canale “parallelo” e “clientelare”, utilizzato dal 2008 al 2015 presso il Dipartimento risorse economiche di Roma Capitale a favore di un nutrito gruppo di debitori “privilegiati”. Materialmente i cinque dipendenti bloccavano la procedura di riscossione delle sanzioni amministrative “senza alcuna istruttoria o in mancanza dei presupposti di legge ovvero sulla base di documenti giustificativi fittizi”. Per gli stessi fatti, a gennaio, la Guardia di Finanza aveva sequestrato ai cinque conti correnti, immobili, autovetture e partecipazioni societarie.

Il danno ora contestato dalla Procura della Corte di Conti ammonta a oltre 17 milioni di euro. “Nell’invito a fornire giustificazioni – fa sapere la Guardia di Finanza -, l’Autorità giudiziaria contabile ha addebitato, oltre al danno patrimoniale derivante dal mancato incasso delle sanzioni, anche il danno ‘da disservizio’, quantificato in base agli emolumenti percepiti nel medesimo arco temporale dai responsabili, per aver rinunciato a ‘perseguire l’interesse pubblico mediante l’esercizio della potestà punitiva’, così compromettendo la funzionalità e l’imparzialità degli uffici di Roma Capitale”.