La Sveglia

Stiamo combattendo i clan della mafia con le pile scariche

L'incredibile storia di Ignazio Cutrò. Il testimone di giustizia nel mirino della mafia. Da quattro anni non dorme di notte a causa di un pila scarica.

Stiamo combattendo i clan della mafia con le pile scariche

La lotta alla mafia? Mentre ancora non si posano i festeggiamenti per l’arresto del boss di Matteo Messina Denaro (che in troppi rivendicano come vittoria personale) a Bivona, in provincia di Agrigento, un testimone di giustizia non dorme di notte da quattro anni a causa di un pila scarica. Sì, una pila, una di quelle semplici che si inserisce nei telecomandi e nei giocattoli per bambini. Ignazio Cutrò è un ex proprietario di un’impresa edile che nel 1999 ha subito il primo attentato incendiario ai suoi mezzi perché si rifiutava di pagare il pizzo alle cosche locali. Alle intimidazioni ha deciso di rispondere denunciando i suoi estorsori, il clan locale dei Panepinto, che ancora oggi sono in carcere.

L’incredibile storia di Ignazio Cutrò. Il testimone di giustizia nel mirino della mafia. Da quattro anni non dorme di notte a causa di un pila scarica

Da quel momento è entrato nel programma di protezione testimoni, decidendo di non abbandonare la sua città di origine per dare un “messaggio ancora più forte: io non me ne vado via da qui, siete voi che ve ne dovete andare”. Cinque anni fa la sua scorta ha subito un pesante ridimensionamento (fioccarono invano le interrogazioni parlamentari) ma Cutrò e la sua famiglia vennero rassicurate con l’installazione di un sistema di videosorveglianza che avrebbe garantito l’incolumità di tutta la famiglia. Da 4 anni però la batteria del sistema di sorveglianza è scarica.

“Si parla tanto di lotta alla mafia e protezione testimoni – spiega Cutrò -. E si dice denunciate. Poi si porta alla disperazione una famiglia per una spesa di 11 euro e 50 centesimi. È da quattro anni che comunico a prefettura e carabinieri, per fargli capire la disperazione e la necessità di cambiare la batteria dell’impianto di allarme collocato nel mio appartamento. Ogni volta che si verifica un calo di tensione o viene a mancare la luce, scatta l’allarme e la nostra serenità viene distrutta”. Quindi continua: “Non so più cosa fare. La batteria ho chiesto di cambiarla personalmente ma, essendo l’impianto proprietà dello Stato, senza le dovute autorizzazioni rischierei una denuncia per aver danneggiato una proprietà dello Stato”.

E poi ancora: “A che gioco giochiamo? Dobbiamo arrivare al punto che uno, preso dalla disperazione, prende tutto e lo butta fuori dalla finestra. Cosa si deve fare per avere tutelati i propri diritti? Martedì prossimo scenderò e andrò ad incatenarmi davanti alla Prefettura finché non smontano tutto quello che c’è da smontare. Noi ci siamo affidati alle mani dello Stato. Abbiamo dato la nostra vita per questo Paese e per 11 euro e 50 centesimi siamo costretti ad elemosinare qualcosa che dovrebbe essere normale”. Ignazio Cutrò è un cittadino che ha permesso di portare a giudizio e condannare, nell’operazione Face Off, i fratelli Luigi, Marcello e Maurizio Panepinto per un totale di 66 anni di reclusione.

Ha pagato il suo coraggio con una vita sotto scorta (lui e la sua famiglia) e con un’attività imprenditoriale praticamente devastata dalle sue denunce. Solo grazie a una legge del governo Letta nel 2013 ha potuto essere assunto presso l’Amministrazione Regionale Siciliana il 1º ottobre 2015, prendendo servizio presso il Centro per l’impiego di Bivona, suo paese di origine, come avviene per i familiari delle vittime di mafia. Nel pieno delle sue difficoltà ha fondato nel 2013 l’Associazione Nazionale dei Testimoni di Giustizia, di cui è stato eletto presidente, per portare all’attenzione pubblica le condizioni dei testimoni di giustizia in Italia.

Ora è insicuro per una pila. Le mafie aumentano il proprio potere e la propria forza grazie alla perseveranza e grazie all’altruismo tra i suoi affiliati. Lo Stato troppo spesso pratica un’antimafia poco organizzata dove chi si espone si ritrova solo. E allora un giorno forse si capirà che la lotta alle mafie non ha bisogno solo di arresti spettacolari ma necessita di cura quotidiana soprattutto nei confronti di chi da cittadino accetta di esporsi per spirito di legalità e giustizia. Cambiare una lampadina non procura grandi titoli sui giornali, ma è antimafia quotidiana.