Strage di Erba, si riapre il caso. Troppe le prove ignorate. La Cassazione accoglie il ricorso della difesa. E adesso è più vicina la revisione del processo

Chissà se sulla strage di Erba sia uscita tutta la verità. Un dubbio legittimo, nonostante siano passati tredici anni dai fatti e svariate inchieste giornalistiche, che ieri è stato fatto proprio dalla Cassazione. Eh già perché per un vizio formale, la Suprema Corte ha accolto la richiesta dei legali di Olindo Romano e Rosa Bazzi, entrambi condannati all’ergastolo ma che si sono sempre definiti innocenti, di trasmettere alla Corte di Assise di Como la richiesta di effettuare nuovi accertamenti su alcuni reperti mai analizzati prima. Istanze a cui, lo scorso aprile, i giudici di Como avevano già risposto picche ritenendole “immotivate e inutili”. In particolare erano state bocciate la richiesta di accesso ai server delle intercettazioni, l’acquisizione di un cellulare di marca Motorola e l’esame di alcuni reperti biologici prelevati sulla scena del massacro in cui persero la vita Raffaella Castagna, il suo bambino Youssef Marzouk, la madre Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini.

TUTTO DA RIFARE. Ma la decisione dei giudici della Corte di Assise fu emessa de plano, ossia in forma extragiudiziale e senza contraddittorio tra le parti. Un vizio di forma, come si definisce in gergo giudiziario, che ora potrebbe riaprire tutto il caso. Infatti i giudici di Como dovranno rivalutare le istanze, questa volta tassativamente convocando le difese, e solo dopo un’attenta analisi della richiesta saranno chiamati a decidere se sia il caso di procedere con i nuovi accertamenti o meno.

DUBBI IRRISOLTI- In caso di esito positivo dell’istanza, il caso verrebbe definitivamente riaperto. A quel punto tutto sarebbe possibile, tanto dalla conferma degli ergastoli quanto da una sostanziale revisione degli esiti del precedente giudizio che sembrava ormai scolpito nella pietra dopo 3 gradi di giudizio davanti a ben 26 giudici differenti. Eppure per il giornalista Antonino Monteleone, la vicenda era tutt’altro che chiusa. Proprio lui, con una lunga inchiesta, trasmessa dal programma televisivo Le Iene, aveva portato alla luce una lunga serie di incongruenze e presunte leggerezze che sarebbero state commesse in fase d’indagine. Tra queste anche i reperti mai analizzati, poi finiti al centro dell’istanza della difesa dei due presunti assassini, individuate dal giornalista. E così quelle che sembravano granitiche certezze, messe nero su bianco dalle precedenti sentenze, iniziavano a scricchiolare tanto che ora non si può escludere che la difesa presenti istanza di revisione del processo.

IL MASSACRO. Era l’11 dicembre 2006 quando a Erba, un paese della provincia di Como, prendeva fuoco una palazzina. Nel corso delle operazioni di spegnimento delle fiamme, i vigili, con orrore, scoprivano ben quattro cadaveri e un quinto uomo, Mario Frigerio, in fin di vita. Ben presto le indagini puntavano il dito sui due coniugi poi condannati all’ergastolo.