Tagli selvaggi alla Sanità. Così il governo Meloni sta demolendo il servizio pubblico

Così il governo Meloni sta demolendo il servizio pubblico. In arrivo una nuova stretta che sottrarrà alla Sanità preziose risorse.

Tagli selvaggi alla Sanità. Così il governo Meloni sta demolendo il servizio pubblico

Da eroi della pandemia, a dimenticati. Strano destino quello dei medici italiani – e più in generale della Sanità pubblica – che dopo anni di tagli grazie a Giuseppe Conte e Mario Draghi sembravano aver invertito il trend ma che ora sono costretti a fare i conti con una nuova stretta voluta dalle destre.

Così il governo Meloni sta demolendo il servizio pubblico. In arrivo una nuova stretta che sottrarrà alla Sanità preziose risorse

Quella che si sta per abbattere sulla Sanità pubblica, però, non è una semplice sforbiciata ma un taglio netto che sottrarrà preziose risorse a un settore che già da tempo non gode di buona salute e che ora rischia di collassare definitivamente, con il risultato che sempre più italiani – almeno quelli che ne avranno la disponibilità economica – saranno costretti a rivolgersi ai privati.

Come ha spiegato il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, a La Stampa si prospettano tempi duri per gli operatori sanitari visto che “con il Def 2023 la spesa sanitaria torna addirittura a scendere, con un taglio del 2,4% (oltre 3 miliardi di euro) nel 2024 rispetto all’anno in corso, e il finanziamento del sistema sanitario nazionale scende fino al 6,2% del Pil a partire dal 2025” che si traduce “nel valore più basso degli ultimi decenni”.

La spesa in relazione al Pil quest’anno scende al 6,7%. Nel 2026 crollerà fino al 6,2%

Proprio per questo il leader della Cgil non le manda a dire e afferma che “il governo sta programmando e pianificando il collasso del sistema sanitario nazionale” quando, invece, servirebbero più risorse. Proprio quelle che i sindacati hanno chiesto ieri al ministro Orazio Schillaci (nella foto), ricevendo – almeno secondo Landini – poco e niente. “L’unico risultato di questo incontro è nuovi tavoli che il governo intende convocare nel mese di luglio. È stato un vertice molto deludente perché sui punti di fondo non abbiamo avuto alcuna risposta, abbiamo chiesto l’aumento del fondo sanitario nazionale e il rinnovo dei contratti” ha spiegato il leader della Cgil.

“Naturalmente saremo ai tavoli di confronto, ma il governo deve sciogliere il nodo se si apre o no una trattativa. Non siamo disponibili ad accettare una progressiva privatizzazione della sanità” ha aggiunto Landini spiegando che “il non aver ottenuto risultati” è “una ragione in più per manifestare e scendere in piazza sabato 24 a Roma per la difesa e il rafforzamento della sanità pubblica”.

Nel 2024 potrebbero lasciare gli ospedali altri 10mila medici

Del resto le condizioni del settore sono in continuo peggioramento e tra paghe da fame, tempi di attesa che si dilatano e strutture al collasso, vede crollare il numero di operatori. Che si tratti di un fatto e non di parole campate in aria, lo dicono i numeri forniti da Fnomceo, la Federazione degli Ordini dei medici, dai quali emerge un’inesorabile fuga dal settore pubblico. Un’emorragia che non accenna a diminuire visto che nel 2021 a lasciare il posto di lavoro sono stati duemila medici mentre nel 2022 addirittura tremila. Secondo Fnomceo molti di questi hanno scelto il settore privato mentre i più giovani professionisti hanno deciso di recarsi all’estero dove possono trovare paghe migliori, maggiore sicurezza e turni più leggeri. Un dato che, secondo La Stampa, rischia di aggravarsi visto che il prossimo anno sarebbero pronti a lasciare gli ospedali altri 10mila medici.

Insomma è chiaro che la Sanità pubblica è in crisi da tempo ma il futuro sembra ancor più nero, specie se dovesse passare anche l’Autonomia differenziata di Roberto Calderoli. Quel che è certo è che le destre non sembrano curarsi granché della situazione visto che la “spesa sanitaria/Pil nel 2023 scende al 6,7% rispetto al 6,9% del 2022”. Ma questo è solo l’antipasto perché il peggio deve ancora venire.

Secondo la Fondazione Gimbe, dall’analisi relativa al Documento Economia e Finanza 2023, emerge che il rapporto spesa sanitaria/Pil “sarà al 6,2% nel 2026, un valore inferiore a quello del 2019” quando si assestava al 6,4%. Un “definanziamento” che mina il Servizio sanitario nazionale “i cui princìpi fondamentali di universalità, uguaglianza ed equità sono minati da criticità che compromettono il diritto alla tutela della salute”.

Sempre Gimbe spiega che “rispetto al triennio 2024-2026, a fronte di una crescita media annua del Pil nominale del 3,6%, il Def 2023 stima quella della spesa sanitaria allo 0,6%”. Insomma l’esatto opposto di quello che si prometteva in tempo di pandemia quando alla Sanità pubblica erano stati promessi investimenti che avrebbero dovuto portare la spesa sanitaria al 9% del Pil così da raggiungere il valore registrato nei principali Paesi Ue, tra cui Francia e Germania. Un gap che, alla luce dei tagli del governo di Giorgia Meloni, non si ridurrà ma al contrario aumenterà.

 

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