Terzo mandato, la Consulta conferma il divieto: bocciata la legge del Trentino

La Corte costituzionale boccia la legge della Provincia di Trento: il limite ai due mandati resta e ricalibra gli equilibri nel centrodestra

Terzo mandato, la Consulta conferma il divieto: bocciata la legge del Trentino

La Corte costituzionale ha bocciato la legge della Provincia autonoma di Trento che avrebbe consentito al proprio presidente di ricandidarsi per un terzo mandato consecutivo. La decisione è netta: il limite ai mandati non è una scelta discrezionale dei singoli territori, ma un principio generale dell’ordinamento della Repubblica, valido anche per le autonomie speciali. In altre parole, non c’è spazio per deroghe locali costruite su misura.

Per mesi il tema era diventato una partita politica ad alto tasso simbolico. La maggioranza guardava al caso Trento come a un possibile apripista: se una provincia autonoma fosse riuscita a superare il limite, la discussione si sarebbe inevitabilmente spostata sulle regioni ordinarie. L’effetto sarebbe stato immediato soprattutto nel Nord, dove alcune leadership governano da oltre un decennio e il ricambio rischia di essere più traumatico che fisiologico.

Terzo mandato, la decisione della Consulta

La sentenza colpisce in particolare la Lega, che da tempo rivendica il principio secondo cui chi è eletto direttamente dovrebbe poter essere rieletto senza limiti. Luca Zaia aveva più volte definito “paradossale” che solamente i sindaci e i presidenti di Regione fossero sottoposti a un tetto, mentre incarichi di Governo e Parlamento non lo sono. La Corte però ribadisce un punto che riguarda l’equilibrio dei poteri: la democrazia non è solo espressione della volontà popolare, ma anche garanzia di alternanza.

Le reazioni confermano la frattura interna alla coalizione. Zaia parla di “rispetto della sentenza” ma invita il Parlamento a riaprire il dossier. Matteo Salvini insiste sul principio dell’investitura diretta degli elettori. Fratelli d’Italia, più defilata finora, può ora rivendicare la necessità di una nuova fase, con candidature diverse e leadership rinnovate nei territori.

La decisione della Consulta non chiude il dibattito, ma cambia il perimetro. Da oggi, il terzo mandato non è più una possibilità sospesa, ma una strada sbarrata. Chi governa da anni dovrà misurarsi con la fine del ciclo, non come sconfitta, ma come parte naturale della vita istituzionale. La politica, invece, dovrà trovare nuovi volti e nuovi equilibri, senza cercare scappatoie normative.