Torna il rischio eversione. Ma occhio ai foreign fighter. Razzante: “Mentre l’Isis perde terreno torna ad alzarsi la minaccia di Al Qaeda”

Intervista al professor Ranieri Razzante, presidente dell’Aira

Immigrazione, terrorismo e Libia, sono i temi al centro del report dell’intelligence italiana. Argomenti su cui ha le idee chiare il professor Ranieri Razzante, presidente dell’Aira (Associazione Italiana Responsabili Antiriciclaggio) secondo cui si tratta di problemi complessi che “non devono essere affatto sottovalutati”.

Per l’intelligence italiana stanno tornando gli estremisti di destra e sinistra. Cosa c’è di vero?
“I segnali che abbiamo ci fanno pensare che i servizi di sicurezza abbiano ragione. È evidente che le nostre frange si sono già attivate, soprattutto quelle anarco-insurrezionaliste. Ma non sono le uniche. Si stanno muovendo anche quelle di destra e di sinistra. E ora c’è il rischio che le esasperazioni ideologiche che stanno montando in Europa, incidano sul pericolo che qualcuno possa aderire a idee violente. Soprattutto in prossimità delle elezioni europee per via del loro valore simbolico”.

Cioè?
“L’Europa è al centro delle contestazioni di tali frange. Si tratta di anti europeisti che contestano con la violenza un sistema di valori che, su questo siamo tutti d’accordo, ha delle debolezze che sono da ripensare. È ovvio che se vogliono colpire l’Ue, il momento è propizio. Inoltre in queste elezioni c’è grande incertezza sui possibili vincitori e questo è il classico caso in cui i terroristi ci sguazzano”.

Nel report si parla di 138 foreign fighter collegati all’Italia. Il dato è realistico?
“Assolutamente si. L’Italia più che un luogo di rifugio è un paese di transito quindi ce ne sono meno che in altri Stati Ue. Consideri che quando parliamo di foreign fighter non ci riferiamo a qualche fuori di testa che va a combattere all’estero ma di persone che credono ciecamente in quello che fanno e se ritornano in patria vanno monitorati. Il rischio, almeno nel caso italiano, non è tanto che facciano attentati nel nostro paese quanto che lo usino per fare proselitismo o come base logistica per colpire altri Stati”.

Secondo i Servizi, la debolezza di Daesh starebbe ridando slancio ad Al Qaeda. Ma non era stata debellata?
“Al Qaeda non è mai morta e Daesh, o Isis, era un suo braccio ribelle e più violento che si è voluto rendere autonomo. Un tradimento per il quale pare siano in eterna concorrenza. Per questo è ovvio che lo spazio lasciato libero da Isis venga ripreso dai rivali. È come se una cosca mafiosa si staccasse da un’altra senza riconoscerne l’autorità. Esiste un codice d’onore dei mafiosi come anche per i terroristi. Al Qaeda è più strutturata e diffusa nel mondo rispetto a Isis. Analizzando le loro finalità quella di Al Qaeda risulta vincente. Isis sono fondamentalmente degli scappati di casa, i loro rivali nell’egemonia del terrorismo sono di tutt’altra pasta. Inoltre esiste il problema libico dove i reduci dello Stato islamico e anche i rivali di Al Qaeda si sono ormai stanziati e sono pronti a colpire”.

Qual è la situazione in Libia?
“La Libia è una polveriera. si tratta del più grande problema geopolitico del mediterraneo. A mio parere le politiche dei Governi di tutta Europa sono state sbagliate perché il problema non è stato affrontato seriamente. Basti pensare al fatto che in Europa si continuano a creare i Cara di fatto favorendo la clandestinità anziché creare hotspot in Libia per arrestarla. Tribù, scafisti e terroristi, sono tutt’ora lasciati liberi di fare i porci comodi loro. La strategia, secondo me, non può che essere un intervento militare e sociale, affidando il controllo del territorio libico ai caschi blu dell’Onu e a forze internazionali che addestrino uomini libici. Ma serve anche e sopratutto affrontare il tema della fame e della povertà nel paese perché è quella che fomenta il terrorismo. Inoltre ora ci sono due leader che non sono leader. Non si sa chi governa e questo si può affrontare solo con un tavolo concertato, gestito dall’Onu, per arrivare ad elezioni libere.