Il tribunale dell’Ue ha condannato Ursula von der Leyen per aver nascosto o cancellato i messaggi privati tra lei e il capo di Pfizer su contratti da 35 miliardi di euro. Forse finalmente un po’ di giustizia.
Emma Carini
via email
Gentile lettrice, quella della Corte Generale dell’Ue è una “condanna” appellabile e senza conseguenze penali. Però è notevole che un ente super partes abbia smascherato gli atti indecenti della più indecente leader dell’Unione europea. Fu messa lì dalla Merkel per allontanarla dagli scandali causati in Germania come Ministra della Difesa. Ora sul suo curriculum si stampa una macchia difficilmente delebile. Perfino il Corriere della sera, notoriamente non un foglio rivoluzionario-leninista, stigmatizza. Pur difendendone l’operato ai tempi del mega contratto con la Pfizer, scrive che la sentenza “è un grave colpo per la sua reputazione. È la condanna di un metodo che ha fatto dell’accentramento e della segretezza i suoi pilastri”. E aggiunge che la von Bomben “ha esautorato i commissari e accentra tutto nel suo gabinetto, mentre una fitta barriera cerca di schermarla dal controllo mediatico. Un esempio recente è dello scorso gennaio, quando la sua salute divenne per settimane il segreto meglio custodito di Bruxelles: ebbe una grave forma di polmonite e fu ricoverata per un periodo in ospedale, circostanza nascosta ai media e scoperta solo per caso. Ora la Corte Generale ha messo il dito nella ferita. C’è una discrepanza tra la prassi e la retorica della trasparenza di von der Leyen” e questo rende necessario “un radicale cambio di stile e metodo di governo”. Come minimo, direi.