Va in carcere il sottufficiale poco gentiluomo. Le avances scurrili a due colleghe costano care a un maresciallo

di Clemente Pistilli

Chi indossando una divisa fa il playboy e utilizza un linguaggio scurrile con le donne finisce in carcere. Mentre si discute di norme contro il femminicidio e le istituzioni sono in prima linea per garantire il rispetto del gentil sesso, ancora oggi schiacciato da un maschilismo dominante, i giudici militari sembrano avere un’idea piuttosto precisa e rigida su quel che c’è da fare. Un sottufficiale, per aver invitato due sottoposte a un club per scambisti e averle definite delle porche, è finito sotto processo e condannato ora in via definitiva a quattro mesi e mezzo di reclusione. I fatti risalgono all’estate 2009. Nella caserma del IV reggimento Genio guastatori dell’Esercito, a Palermo, un maresciallo capo, in quel momento ufficiale di picchetto, ha approcciato due soldatesse, mostrando loro la tessera di un club privato per scambi di coppia e invitandole ad accompagnarlo in quel luogo. Il militare ha inoltre detto alle due caporali che “erano idonee a fare quello che veniva usualmente praticato all’interno del club, essendo entrambe delle porche”. Le due hanno subito denunciato il fatto e la Procura militare di Napoli ha aperto un’inchiesta, segnalando il 15 marzo 2010 il caso al comandante della caserma siciliana, che a sua volta ha chiesto che si procedesse nei confronti del maresciallo. Il sottufficiale è finito così sotto processo con l’accusa di ingiuria ad inferiore ed è stato condannato a quattro mesi e mezzo di carcere, sentenza confermata ora dalla I sezione penale della Corte di Cassazione. Inutili i tentativi del sottufficiale di sostenere l’inattendibilità delle due donne. Per lui i giudici non hanno applicato attenuanti e gli hanno inflitto  la pena massima prevista per il reato che gli veniva contestato. La testimonianza delle caporali e il sequestro della tessera del club per scambisti fatto dopo l’accaduto al maresciallo sono stati ritenuti sufficienti per considerare vero il racconto delle vittime. Il sottufficiale poco gentiluomo, per i giudici, ha “platealmente contravvenuto agli specifici doveri su di lui incombenti, in considerazione del suo status militare”. Linguaggio da caserma e soldatesse trattate come oggetti per la giustizia militare sono da bandire e da punire con severità.