Neanche il tempo di abituarsi al nuovo Dpcm, il primo del Governo Draghi, che è già in arrivo il bis. Siamo ancora alle ipotesi, ma già si intravedono nuove e più rigide restrizioni all’orizzonte. A preoccupare, oltre ai numeri – negli ultimi tempi costantemente sopra i 20 mila contagi giornalieri che certificano una curva in forte rialzo a causa delle varianti – è soprattutto la pressione sugli ospedali: 11 Regioni sono già oltre la soglia critica del 30 per cento di posti letto occupati in terapia intensiva e altre 4 sono vicine al limite.
Nell’occhio del ciclone anche in questa terza ondata c’è la Lombardia, dove il Pirellone è stato costretto a fermare gli interventi programmati, garantendo solo quelli urgenti e per pazienti oncologici, per preservare i posti letto destinati ai positivi. Una situazione che ha richiamato in una riunione straordinaria della maggioranza i ministri Roberto Speranza, Maria Stella Gelmini, Giancarlo Giorgetti, Stefano Patuanelli, Dario Franceschini e Elena Bonetti, con gli esperti del Comitato tecnico scientifico (Cts) e il commissario all’emergenza il generale Francesco Figliuolo.
L’obiettivo di queste ore è quello di valutare attentamente la situazione epidemiologica, anche in vista della campagna di vaccinazione di massa che dovrebbe partire ad aprile con l’arrivo di grandi quantitativi di vaccini. Una delle ipotesi è quella di stringere i parametri che regolano l’attuale meccanismo a fasce. Con le ordinanze entrate in vigore ieri, la Campania è slittata in zona rossa, affiancandosi a Molise e Basilicata, mentre Veneto e Friuli sono passate in arancione.
Solo sei Regioni si trovano in zona gialla mentre la Sardegna è in zona bianca, ma secondo gli esperti potrebbe non bastare per contenere l’epidemia. Il Cts ha infatti caldeggiato la zona rossa automatica quando una Regione supera i 250 casi settimanali ogni 100mila abitanti, soglia già applicata ma solo per la chiusura delle scuole, esprimendo “grande preoccupazione” per l’evoluzione della pandemia e suggerendo un “innalzamento” delle misure “su tutto il territorio nazionale” affinché si arrivi alla “riduzione delle interazioni fisiche e della mobilità”.
Una linea dura sostenuta dal ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che nel weekend ha usato parole molto nette: “Con questi numeri servono misure più rigide, come sta chiedendo anche il Comitato tecnico scientifico”, ha scritto su Facebook, confermando che lo scenario è sul tavolo. Anche il ministro Speranza si è detto preoccupato, spiegando che la variante “farà crescere la curva e porterà inevitabilmente altre Regioni verso il rosso con ordinanze di natura restrittiva”. Speranza ha aggiunto che ci aspettano “settimane non facili: dobbiamo provare ancora a governare la curva” dei contagi “in un momento in cui le varianti rendono il virus più difficile da gestire e più veloce nel contagiare”.
Qualunque sarà la decisione finale, il dpcm entrato in vigore il 6 marzo potrebbe essere modificato entro questa settimana o la prossima. Che ci sia d’urgenza lo sottolinea anche il primario di Malattie infettive all’ospedale Sacco di Milano, Massimo Galli: “ci sono state aperture proprio nel momento in cui era il caso di non riaprire nulla. Temo che le misure adottate con il nuovo Dpcm non bastino“, ha spiegato. “Quando si diffonde una variante che dimostra di avere un 30-40 per cento in più di capacità infettante, coloro che la prendono per primi sono i giovani e i bambini che hanno più socialità”, ricorda Galli. “Poi la trasmettono a giovani adulti, adulti e anziani, e qui si rileva il momento critico e la pressione su ospedali e terapie intensive”.