Il Garante per la protezione dei dati personali, all’esito di lunghe e proficue interlocuzioni con il ministero della salute, ha dato parere favorevole sullo schema di decreto attuativo, che attiva la Piattaforma nazionale-Dgc per il rilascio del Green pass, prevedendo adeguate garanzie per l’utilizzo delle certificazioni verdi. In merito alle app per recuperare il Green pass, il Garante ha autorizzato l’uso dell’App Immuni, ma ha rinviato l’impiego dell’App Io a causa delle criticità riscontrate in merito alla stessa.
Il Green pass, introdotto dal decreto ”Riaperture” per consentire gli spostamenti tra Regioni e l’accesso a eventi pubblici e sportivi, è ora previsto, nelle zone gialle, anche per partecipare alle feste in occasione di cerimonie civili e religiose. L’Autorità, che ha già avvertito il governo sulle criticità dell’attuale versione del decreto ”Riaperture”, ricorda “la necessità di individuare con chiarezza, in sede di conversione in legge del decreto, i casi in cui può essere chiesto all’interessato di esibire la certificazione verde per accedere a luoghi o locali”.
“Proprio l’attuale indeterminatezza delle circostanze in cui è richiesta l’esibizione del GREEN pass ha favorito l’adozione, da parte di alcune Regioni e Province autonome, di ordinanze che ne hanno imposto l’uso anche per scopi ulteriori rispetto a quelli previsti nel decreto riaperture e nei confronti delle quali il Garante è già intervenuto”, fa sapere il Garante.
L’Autorità sottolinea, inoltre, che anche il Regolamento europeo sul Green pass, attualmente in fase di adozione, prevede che lo stesso possa essere utilizzato dagli Stati membri per finalità ulteriori, rispetto agli spostamenti all’interno dell’Ue, ma solo se ciò è espressamente previsto e regolato da una norma nazionale. L’Autorità – pur valutando positivamente, nel complesso, lo schema di Dpcm, che recepisce gran parte delle indicazioni fornite del Garante nel corso delle interlocuzioni con il Ministero della Salute, “rileva alcuni profili sui quali ritiene necessario un intervento di modifica”. In particolare, il Garante chiede “chiarezza sulle finalità per le quali potrà essere richiesto il Green pass che dovranno essere stabilite con una norma di rango primario.
Inoltre, la norma dovrà prevedere che le certificazioni possano essere emesse e rilasciate solo attraverso la Piattaforma nazionale-Dgc e verificate esclusivamente attraverso l’App VerificaC19. Tale app infatti è l’unico strumento in grado di garantire l’attualità della validità della certificazione verde, in conformità ai principi protezione dei dati personali, garantendo inoltre che i verificatori possano conoscere solo le generalità dell’interessato, senza visualizzare le altre informazioni presenti nella certificazione (guarigione, vaccinazione, esito negativo del tampone)”. Altra misura, chiesta e ottenuta dal Garante nel corso delle interlocuzioni con il Ministero della salute, è che i soggetti deputati ai controlli delle certificazioni verdi siano chiaramente individuati e istruiti.
“Quanto alle modalità con le quali ottenere il Green pass, lo schema di decreto prevede che venga messo a disposizione attraverso diversi strumenti digitali (sito web della Piattaforma nazionale-Dgc; Fascicolo sanitario elettronico; App Immuni; App Io) che permetteranno agli interessati di consultare, visualizzare e scaricare le certificazioni – osserva il Garante – Inoltre gli interessati potranno rivolgersi anche al medico di famiglia e al farmacista per scaricare la certificazione verde”.
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“E’ doveroso che l’Italia, così come fanno già Spagna e Francia, non chieda tamponi all’ingresso oltre al Green pass”. Ha detto il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, rispondendo ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta” su Radio Cusano Campus. “Ho fatto questa richiesta diverse settimane fa, ma è innegabile la lentezza del ministero a rispondere a un quesito molto semplice”, ha aggiunto. “Dobbiamo credere nel Green Pass”, ha aggiunto Sileri.
La questione, secondo il sottosegretario alla Salute, va ben oltre il turismo e si estende a tutti coloro che hanno ricevuto vaccini non ufficialmente approvati dall’Ema. “Abbiamo diversi concittadini – dice Sileri – che, vivendo stabilmente in altre nazioni, hanno fatto lo Sputnik o il vaccino cinese. Hanno sicuramente gli anticorpi e devono tornare in Italia perché magari da 1 anno e mezzo o 2, a causa della pandemia non lo fanno. Al momento il loro vaccino non viene riconosciuto perché non è stato approvato dall’ente regolatorio europeo, sebbene sia stato approvato in altre nazioni europee. Lo Sputnik, ad esempio, in Ungheria. Allora la soluzione che ho proposto già diverse settimane fa, la cui risposta si fa attendere da troppo tempo, è: visto che il vaccino non è stato approvato dall’Europa, è sufficiente una certificazione che attesta la presenza di anticorpi”.
Stesso discorso per coloro che hanno fatto il vaccino di Reithera nell’ambito della sperimentazione. “Ci sono centinaia di italiani che, desiderosi di aiutare l’Italia, si sono offerti volontari per farsi somministrare un vaccino, quello di Reithera, e che ora purtroppo non possono fare un altro vaccino”, dice Sileri. “Molti hanno gli anticorpi, lo garantisco perché qualcuno mi ha fatto vedere le analisi fatte motu proprio. Eppure questi non avranno il Green Pass. Troviamo un minimo comune denominatore – continua Sileri – per tutte queste persone”. La proposta del sottosegretario alla Salute è di riconoscere, in questi casi, un certificato che attesti la presenza di anticorpi. “Altri paesi lo stanno facendo, facciamolo anche noi”, sottolinea Sileri. “Non possiamo rimanere indietro, non è giusto. Dobbiamo rimanere al passo”, conclude.