Visibilia, la Corte d’Appello conferma il commissariamento. Nuova tegola per Santanchè

Il tribunale civile di Milano ha confermato il commissariamento per la società presieduta fino al gennaio 2022 dalla ministra Santanché

Visibilia, la Corte d’Appello conferma il commissariamento. Nuova tegola per Santanchè

Nuova tegola giudiziaria per la ministra Daniela Santanché. Lunedì pomeriggio la Corte d’Appello civile di Milano ha infatti confermato l’amministrazione giudiziaria per la società Visibilia Editore. L’esistenza “di uno stato di crisi è pacifica”, scrivono i giudici, e c’è una “impossibilità, allo stato, di formulare una prognosi di attuabilità del piano di risanamento senza l’apporto di risorse esterne, di cui la Società non risulta al momento destinataria”.

Col provvedimento, in sostanza, la Corte ha confermato l’amministrazione giudiziaria per Visibilia Editore, ossia il commissariamento, deciso in primo grado l’1 marzo scorso, per la società del gruppo fondato da Santanché e da lei presieduta fino al gennaio 2022, prima di dismettere cariche e quote.

Il fronte penale della Santanché

Sul fronte penale nel caso Visibilia Santanchè è accusata, assieme ad altri ex amministratori, di falso in bilancio (si attende la richiesta di rinvio a giudizio) e di truffa aggravata ai danni dell’Inps per la gestione della cassa integrazione nel periodo Covid (udienza preliminare fissata a ottobre).

Respinto l’appello degli ex amministratori

La Sezione specializzata imprese della Corte d’Appello, sul fronte civile nella causa intentata da un gruppo di piccoli azionisti – capeggiati da Giuseppe Zeno – che aveva portato appunto all’amministrazione giudiziaria, ha così respinto il reclamo degli amministratori “revocati” dai giudici tre mesi fa. Nel procedimento di appello si erano costituiti anche alcuni ex amministratori Dimitri Kunz, Fiorella Garnero, rispettivamente compagno e sorella della ministra, e Massimo Cipriani.

Inchiodati dall’ispezione dei periti nominati dai giudici

Dagli “esiti dell’ispezione” su Visibilia, che era stata disposta dai giudici nella causa civile, scrive la Corte, “è emersa una gestione amministrativa e soprattutto contabile che il Tribunale, con ampia motivazione, ha ritenuto inadeguata, anche in vista del risanamento”.

La Corte ha quindi ritenuto “infondato” il “reclamo proposto dagli Amministratori revocati”, ossia Alberto Campagnoli, Giuseppe Vadalà e Maria Claudia Santaloja, e ha confermato il provvedimento del Tribunale “ad eccezione della statuizione concernente le spese dell’ispezione giudiziale”, che i giudici d’appello hanno messo a “carico dei soci denuncianti”. Su quest’ultimo aspetto avevano presentato reclamo anche gli ex componenti del collegio sindacale. Per la Corte i giudici di primo grado hanno “correttamente ritenuto che la violazione del dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato” integri una “grave irregolarità nella gestione che può arrecare danno alla società”.