Sembra diventata una partita di poker la possibile trattativa tra Mosca e Kiev per porre fine, dopo oltre tre anni, alla sanguinosa guerra in Ucraina. Dopo l’apertura di Vladimir Putin a un dialogo diretto con Volodymyr Zelensky – forse nella convinzione che il leader ucraino non avrebbe mai accettato – quest’ultimo ha rilanciato, dichiarandosi disponibile a un incontro che, se lo zar dovesse accettare, si dovrebbe tenere domani a Istanbul, in Turchia.
L’unica precondizione posta da Zelensky, con l’evidente intenzione di “vedere” se Putin stia bluffando o se sia realmente disposto a concludere le ostilità, è che al tavolo delle trattative sia presente lo stesso presidente russo, e non una delegazione di funzionari privi di potere decisionale.
Zelensky sfida e mette all’angolo Putin: “O si presenta domani in Turchia, o niente trattative”
Una partita a scacchi in cui il presidente della Federazione Russa sembrava deciso a dettare le regole, ma che rischia di trasformarsi in un boomerang nel caso in cui decidesse di non presentarsi al tanto atteso vertice. All’appuntamento, tra l’altro, potrebbe partecipare anche il presidente americano Donald Trump, come da lui stesso annunciato.
L’importanza del summit emerge chiaramente dalle parole di Andrei Yermak, braccio destro di Zelensky, secondo cui l’eventuale “assenza del presidente russo Vladimir Putin dai colloqui di giovedì a Istanbul, dove è prevista la presenza del suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky, rappresenterebbe il segnale definitivo che Mosca non vuole porre fine alla guerra”.
Proprio per togliere ogni alibi al leader russo, il consigliere del capo dell’Ufficio della Presidenza ucraina, Mykhailo Podoliak, ha dichiarato che, sebbene Kiev non riconosca Putin come presidente legittimo, di fatto è lui a controllare la Russia. Pertanto, dal punto di vista legale, sarà sufficiente modificare la decisione del Consiglio di Sicurezza Nazionale – che impediva trattative dirette con Mosca – per rendere “giuridicamente possibile” il vertice tra i due leader.
L’irritazione di Mosca
Quel che è certo è che Zelensky sembra essere riuscito a trasformare la vaga apertura di Putin in uno strumento di pressione. Per tutta la giornata, il leader ucraino ha punzecchiato il Cremlino, sottolineando “lo strano silenzio” di Mosca riguardo alla proposta di un incontro in Turchia e l’assenza di risposte alle numerose proposte di cessate il fuoco.
A suo dire, “in un modo o nell’altro, la Russia dovrà porre fine a questa guerra. E prima lo farà, meglio sarà”. Un pressing costante che ha irritato l’amministrazione russa, come si evince dalle parole del vicepresidente del Consiglio della Federazione, Kostantin Kosachev, secondo cui “ammesso e non concesso che ci saranno negoziati, l’iniziativa spetta a noi, perché, per quanto mi risulta, non è chi sta perdendo che può porre condizioni preliminari”.
A fargli eco è stato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, che si è limitato a dichiarare: “Comunicheremo la composizione della delegazione quando la deciderà Putin”, lasciando intendere che sarà guidata dal ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, e dal consigliere per gli affari internazionali, Yuri Ushakov.
Lo scontro con l’Unione europea
Parole che lasciano presagire una possibile assenza di Putin al tavolo delle trattative. Tuttavia, messo alle strette, lo zar potrebbe infine decidere di presenziare, per non passare come “un sabotatore della pace” che, almeno a parole, dice di desiderare.
Non è tutto. Il fastidio del Cremlino è evidente anche nella dura risposta all’Unione Europea. Dopo che vari leader europei – tra cui Emmanuel Macron e Friedrich Merz – hanno dichiarato che un’eventuale assenza di Putin a Istanbul dimostrerebbe la sua volontà di continuare la guerra, Mosca ha reagito con forza.
“Poiché l’Europa è interamente schierata con l’Ucraina, non può in alcun modo rivendicare un approccio imparziale o equilibrato”, ha detto Peskov. “Per questo motivo, non può prendere parte ai negoziati, poiché continua a sostenere la guerra contro la Russia”.