L’Onu vuole mettere al bando le armi nucleari. L’Italia no e vota contro la risoluzione

L'Onu ha adottato una risoluzione per avviare i negoziati per vietare le armi nucleari. Ma 38 Paesi hanno votato no. Tra questi anche l'Italia. Ecco perché.

Chissà che cosa farà l’Italia ora che sia l’Unione europea sia l’Onu vogliono mettere al bando le armi nucleari. Già, perché l’Italia pare proprio non voglia raccogliere le indicazioni degli organi sovranazionali di cui pure fa parte. Ed è questo il motivo per cui nel corso dell’ultima riunione del Primo Comitato dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite (lo scorso 28 ottobre), che si occupa di disarmo e questioni di sicurezza internazionale, 123 nazioni hanno votato a favore della Risoluzione, mentre 38 (compresa l’Italia) hanno votato contro e ci sono stati 16 Paesi astenuti. Insomma, le Nazioni Unite hanno adottato una risoluzione politica che chiede di avviare nel 2017 i negoziati per un Trattato internazionale volto a vietare le armi nucleari, con il voto contrario, tra gli altri, pure del nostro Paese. Ma chi troviamo, oltre all’Italia, tra i non firmatari della risoluzione? Ma, ovviamente, tutti coloro che dispongono di un importante arsenale atomico e che hanno interesse a mantenerlo: in primis gli Stati Uniti, ma tra gli altri anche Israele, Francia, Germania, Canada, Giappone e Regno Unito. Perché il punto è proprio questo. Ci sono ancora più di 15mila armi nucleari attualmente nel mondo, in particolare negli arsenali di appena due nazioni: gli Stati Uniti e la Russia. E tanti altri, che infatti hanno votato contro (compresa l’Italia) ospitano armi nucleari sul loro territorio come parte di un accordo Nato.

IL QUADRO – Senza dimenticare i tanti e tanti interessi. Come già denunciato da LaNotizia sulla base dei dati raccolti dall’Ican (Campagna Internazionale per l’abolizione delle armi nucleari), ogni anno si stima che la spesa mondiale per le armi nucleari superi i 100 miliardi di dollari. Un capitale enorme che investe, manco a dirlo, anche il nostro Paese. Perché se è vero che il nostro esercito non dispone di testate nucleari, è altrettanto vero che non disdegniamo il guadagno quando è figlio della produzione di armi atomiche. Sono 382 in tutto, tra banche e società, che consentono a 26 società in tutto il mondo di produrre e commerciare in atomico. E chi troviamo tra i “magnifici” 26? La nostra Finmeccanica, ovviamente. Che dal 2013, come denunciato ancora dall’Ican, è impegnato in programmi militari atomici con gli eserciti francese e Usa. Per un investimento di 12 miliardi di dollari. Mica male.

Tw: @CarmineGazzanni