La vecchiaia è una brutta bestia ma l’alternativa è peggio

di Francesco Nardi

Concretezza si chiamava la rivista che Andreotti diresse fin da giovanissimo. Non un nome a caso, ma un chiaro manifesto politico e insieme autobiografico cui è rimasto fedele sempre. Le celebri battute del sette volte presidente del Consiglio sono infatti soprattutto questo: un perseverante esercizio di concretezza messo in pratica attraverso il ricorso alla sintesi e all’ironia. Un vezzo che di certo negli anni gli ha procurato più nemici che ammiratori.
L’impressione è che nel consueto giudizio di un uomo che tutti ricordano come misuratissimo, le sue cosiddette “battute” coincidessero con dei temporanei vuoti di controllo attraverso i quali non solo veniva liberata una insospettata leggerezza ma in alcuni casi anche adoperata una efferata spietatezza retorica.
“La vecchiaia è una brutta bestia, ma l’alternativa è peggio”, ecco come si racconta che il Divo abbia replicato a un incauto cronista che durante il funerale di Gianni Agnelli gli chiese lumi sulla terza età. Un esempio come tanti, utile però a chiarire che la formula dell’aforisma non tornava utile ad Andreotti solo per regolare al fulmicotone una questione politica. Si trattava piuttosto di un registro insopprimibile e che un cattolico di tale levatura non riusciva ad aggirare nemmeno di fronte al Papa.

Vero è che Andreotti a San Pietro era di casa, ma ribattere al Pontefice con un laconico “Santità, lei non conosce il Vaticano”, è tutto un altro discorso e presuppone una spregiudicatezza intellettuale irrefrenabile.
Certo il potere è stato il sale della sua intera vita, ed è quindi inevitabile che gran parte delle più celebri pillole siano state “civili”, come si direbbe delle odi di un poeta.
Ed è così che il motto per un ministro dell’Economia diventò “Se disavanzo, seguitemi” o che, dimostrando una straordinaria coerenza preventiva nel 1981 scrisse nel suo bloc notes che “le sentenze dei tribunali non si discutono, si appellano”.
Meno profetico fu invece quando disse che “di feste in mio onore ne riparleremo quando compirò cent’anni”. L’obiettivo è stato mancato di poco, giacché il senatore a vita si è spento a ben 94 anni. Aspetto questo che tira in ballo un’altra celebre frase dedicata a un sacerdote ultracentenario: “muor giovane colui che al cielo è caro”. Quello degli aforismi di Andreotti è comunque una mare vastissimo e disordinato: sono infatti molte le frasi celebri, di puro stile andreottiano che gli sono state però attribuite e che non è assolutamente certo che il Fanciullo abbia mai pronunciato.
Così com’è altrettanto vero il contrario, tanto che su Wikiquote è possibile trovare tra gli aforismi “attribuiti” ad Andreotti due che sono invece di certa paternità: essendo infatti presenti nella raccolta Il potere logora ma è meglio non perderlo (Rizzoli, 1990). Di queste una è quella che dà il nome alla stessa raccolta mentre un’altra pone il dubbio sulla buona fede dell’estensore della pagina di Wikiquote, in quanto recita: “a pensar male si fa peccato, ma s’indovina”. Essere o almeno sembrare profetico divertiva molto Andreotti. Disse di voler “campare abbastanza per assistere alla beatificazione di Madre Teresa di Calcutta”, ed è stato accontentato. Del resto è vero anche che è meglio “tirare a campare che tirare le cuoia”. Finché dura.

@coconardi