Un forte appello arriva da Greenpeace Italia in occasione della Terza Conferenza delle Nazioni Unite sugli Oceani in corso a Nizza: serve “un alto livello di ambizione” per la tutela dei mari, a partire dal divieto di estrazioni minerarie nei fondali profondi e dalla ratifica urgente del Trattato Onu sugli Oceani.
“Il successo o il fallimento della Conferenza dipenderà dalla forza degli impegni presi a Nizza”, afferma Valentina Di Miccoli, Campaigner Mare e Oceani di Greenpeace Italia. “I governi devono respingere con decisione la richiesta della compagnia The Metals Company di avviare attività minerarie nelle aree marine internazionali: una mossa pericolosa che mette a rischio la cooperazione multilaterale e la stessa autorevolezza delle Nazioni Unite”.
Oceani in pericolo, l’appello di Greenpeace: “Italia in ritardo, è tempo di agire”
Greenpeace sottolinea anche la necessità di una presa di posizione chiara contro l’inquinamento da plastica, in vista del prossimo e ultimo round negoziale per un trattato globale vincolante. Secondo l’organizzazione, l’Italia è ancora indietro: non ha ancora ratificato il Trattato Onu per la protezione degli oceani e resta lontana dall’obiettivo, indicato dalla comunità scientifica, di proteggere almeno il 30% dei mari entro il 2030 per evitare il collasso della biodiversità marina.
Il riscaldamento globale, infatti, ha un impatto diretto anche sugli oceani. L’innalzamento della temperatura media globale, causato da emissioni di CO₂, metano e protossido di azoto, sta accelerando il riscaldamento e l’acidificazione dei mari, compromettendo la sopravvivenza degli ecosistemi marini e la sicurezza alimentare di milioni di persone. A questo si aggiunge l’inquinamento da plastica, esploso negli ultimi 50 anni e oggi presente in ogni ecosistema, compreso il corpo umano.
“Serve un cambio di rotta deciso”, ribadisce Greenpeace, che rilancia anche la campagna Time to resist, dopo che una giuria americana ha condannato l’organizzazione a un risarcimento di oltre 660 milioni di dollari, a seguito della causa intentata dalla compagnia petrolifera Energy Transfer. “Una cifra sproporzionata, pensata per zittire chi difende il Pianeta – denuncia Chiara Campione, direttrice del programma di Greenpeace Italia – Ma noi non ci fermeremo. È tempo di resistere, insieme”.