Dieci anni di tempo per riprendere gli oneri che il Comune di Milano – quindi le casse pubbliche – non ha mai riscosso dai costruttori delle torri fantasma, tirate su grazie a una semplice scia e con costi abbattuti. A stabilire il limite temporale col quale Palazzo Marino potrà chiedere i maggiori oneri di urbanizzazione arretrati emerge dal provvedimento con il quale lo stesso Comune ha chiesto alla società immobiliare Bluestone Crescenzago srl un conguaglio da 1.307.425,77 euro per la realizzazione delle Park Towers, le torri di 81 e 59 metri e un terzo stabile di via Crescenzago 105. Un progetto per il quale sono imputati costruttori e progettisti con accuse a vario titolo di abusi edilizi e falso.
Nello stabilire una “rivalutazione” del “contributo di costruzione” o della “monetizzazione” degli standard (i servizi), il Comune ha la “facoltà creditoria” di “rideterminare l’importo” nel “termine decennale”, si legge nell’atto della Direzione Specialistica Attuazione Diretta Pgt e Sue notificato al costruttore Andrea Bezziccheri e all’architetto Sergio Asti, entrambi gravati da accuse di abusi edilizi in concorso con i funzionari comunali mosse dai pm Marina Petruzzella, Paolo Filippini, Mauro Clerici e l’aggiunta Tiziana Siciliano.
Richiesti 1,3 milioni ai costruttori
Dal provvedimento emerge come gli oneri “ricalcolati” siano così composti: 102.234,35 euro per contributo di costruzione; 11.995,06 euro per oneri di urbanizzazione primaria e secondaria; infine 1.193.186,36 euro per i circa 2.500 metri quadrati di aree che la società immobiliare avrebbe dovuto “cedere gratuitamente” all’amministrazione per “attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale”. Aree e contanti mai arrivate a Palazzo Marino.
Oggi la gup di Milano, Alessandra Di Fazio, dovrà decidere se rinviare a giudizio i sei costruttori, progettisti e funzionari pubblici per il progetto affacciato sul Parco Lambro, uno dei primi finiti nelle oltre 20 inchieste della Procura di Milano per presunte violazioni delle leggi urbanistiche ed edilizie, autorizzato con una Scia alternativa al permesso a costruire come “ristrutturazione edilizia” di un piccolo stabile industriale invece che “nuova costruzione”, e in violazione dell’obbligo di potenziare le dotazioni di opere e servizi “anche quando si debba edificare in una zona già urbanizzata”.
Le torri mai sequestrate perché troppo avanti nella costruzione
Il conguaglio chiesto a rate da Palazzo Marino è figlio della riqualificazione dell’intervento dopo l’inchiesta: a gennaio 2024 la gip Daniela Cardamone aveva rigettato il sequestro delle due torri per non danneggiare gli acquirenti degli appartamenti (estranei alle ipotesi di reato), ma aveva confermato in toto l’impianto accusatorio della Procura.
Il 3 aprile 2024, a intervento di fatto concluso e con i primi contratti di vendita già stipulati, Bluestone ha presentato una Scia in variante, qualificando il progetto come “nuova costruzione”. Lo ha fatto nonostante una “istruttoria” che, secondo il Comune, “ha confermato la correttezza” della qualifica come ristrutturazione, in base a una circolare del Ministero delle Infrastrutture del 2020 che definisce tale “qualsiasi intervento di demolizione e ricostruzione anche con caratteristiche molto differenti rispetto al preesistente”. Cioè i costruttori hanno ammesso di non aver ristrutturato nulla, ma di aver costruito ex-novo, nonostante il Comune di Milano sostenesse il contrario…
I Pm contro Comune e avvocati
La tesi di Palazzo Marino è stata sposata anche dai legali dei costruttori nei processi e contestata invece dai pm che citano giurisprudenza di Cassazione e del Consiglio di Stato sul tema. La modifica del titolo edilizio ha portato gli uffici comunali obtorto collo a rivalutare la “onerosità” dell’operazione di demolizione-ricostruzione con maggiori volumi, arrivando al calcolo del conguaglio dovuto: 1,3 milioni, appunto.
Raddoppiate anche le monetizzazioni
Soldi che servono a “garantire l’interesse pubblico a una giusta quantificazione” senza intaccare “l’economia del procedimento a favore dell’operatore”. In particolare Bluestone aveva pagato 240 euro al metro quadrato per le monetizzazioni delle aree, che ora sono stati quasi raddoppiati a 488,73 euro. Nel procedimento penale i consulenti della pubblica accusa stimavano in 4,7 milioni di euro i vantaggi non dovuti conseguiti dall’operatore immobiliare.