Dopo gli sconfinamenti nei cieli dell’Estonia da parte di jet russi e il caso dei droni avvistati su mezza Ue, la cui paternità resta tuttora ignota – e lo sarà fino a che le relative indagini non arriveranno a un verdetto –, il rischio è che possa verificarsi un incidente capace di innescare conseguenze drammatiche, portando al conflitto diretto tra Nato e Russia.
Un’eventualità di cui è bene tenere conto, visto che in tempo di guerra, dove la propaganda la fa da padrona, bisogna agire con cautela per evitare guai peggiori. Peccato che, su questo punto, stiano giocando con il fuoco sia l’Ucraina, che denuncia un possibile “attacco delle forze di Vladimir Putin a un Paese Ue”, sia la Russia, che ritiene che l’esercito di Kiev possa a breve inscenare una “provocazione in Polonia per coinvolgere la Nato nel conflitto”.
Kiev accusa Mosca
Ad innescare questo botta e risposta tra Mosca e Kiev è stato Dmytro Kuleba, ex ministro degli Esteri ucraino, oggi docente universitario e saggista, con un’intervista rilasciata al Corriere della Sera. Come ha sostenuto il fedelissimo di Volodymyr Zelensky: “non c’è bisogno di un messaggio diretto” del presidente ucraino “per capire che Putin si sta preparando a colpire un Paese dell’Unione europea”.
“La Russia – prosegue Kuleba – non è così forte come vorrebbe far credere al mondo. Non è onnipotente. Ma allo stesso tempo, non si dovrebbe mai sottovalutare un Paese capace di condurre una guerra di queste dimensioni contro l’Ucraina e di iniziare a gettare le basi per un conflitto armato con uno Stato membro dell’Unione europea”.
La controaccusa di Mosca a Kiev
Parole generiche e prive di prove o riscontri oggettivi, a cui ha replicato per le rime il Cremlino, con una pesantissima controaccusa. Secondo quanto si legge in una nota del Servizio di intelligence estera russo (Svr), “il governo di Kiev sta preparando una nuova provocazione di grande risonanza”. Per gli 007 di Mosca, che dichiarano di essere in possesso di informazioni riservate, le truppe di Zelensky starebbero “preparando provocazioni con droni nello spazio aereo di Polonia e Romania”, con il preciso scopo “di coinvolgere i Paesi europei della Nato in un confronto armato con Mosca”.
Lo stesso Svr sostiene che l’idea sarebbe quella di effettuare la più classica delle operazioni di false flag, infiltrando un gruppo di sabotatori in territorio polacco travestiti da militari russi e bielorussi, così da far ricadere sui governi di questi due Paesi la responsabilità delle loro azioni. “I candidati per partecipare alla messinscena sono stati selezionati. Si tratta di militanti che combattono a fianco delle Forze armate ucraine, provenienti dalla Legione ‘Libera Russia’ e dal reggimento bielorusso ‘intitolato a K. Kalinovsky’. Non si esclude che l’operazione orchestrata sarà accompagnata dalla simulazione di un attacco a infrastrutture critiche polacche, al fine di amplificare il riscontro pubblico”.
Parole che Zelensky ha immediatamente respinto al mittente, affermando che si tratta dell’ennesimo caso di “propaganda russa”.
Scontro sul muro antidroni
Lo stesso presidente ucraino, che continua a dichiararsi disponibile a fermare le ostilità e, in tal caso, a dimettersi dal suo incarico, ha poi sostenuto che queste dichiarazioni sono anche il segno delle difficoltà sul campo delle forze armate di Putin.
Uno stallo al fronte per il quale Zelensky ha elencato e ringraziato “i Paesi che hanno sostenuto e stanno sostenendo l’Ucraina nell’ambito dell’iniziativa Purl”, ossia quel meccanismo della Nato che consente l’acquisto diretto di armamenti difensivi di fabbricazione statunitense.
Grazie a questa iniziativa, ha affermato, è stato possibile finanziare già quattro pacchetti di forniture statunitensi, inclusi sistemi Patriot. Si tratta, come precisato da Zelensky stesso, dei “Paesi Bassi, che hanno versato 578 milioni di dollari; della Danimarca, della Norvegia e della Svezia, che insieme hanno erogato 495 milioni di dollari; della Germania, che ha annunciato l’intenzione di finanziare ulteriori 500 milioni di dollari; e del Canada”, pronto a versarne altrettanti.
L’obiettivo di Kiev è coinvolgere sempre più Paesi Ue, in particolare quelli dell’area balcanica, così da raccogliere almeno 1 miliardo di dollari al mese attraverso il Purl.
Rutte sfida il Cremlino
Ma non è tutto. Zelensky, rivolgendosi agli alleati, ha poi insistito sulla necessità di “costruire uno scudo comune contro le minacce aeree russe”. Parole sottoscritte dal segretario generale della Nato, Mark Rutte, che quando era leader dei Paesi Bassi spingeva per politiche di austerità nei confronti dei Paesi mediterranei, mentre ora, nel suo nuovo ruolo, non fa che incentivare la spesa militare degli stessi.
In particolare, Rutte, durante un incontro con i leader Ue, ha ribadito che “l’Ucraina è la prima linea di difesa dell’Europa, dobbiamo mantenere e aumentare il nostro sostegno”. Per questo è tornato a spingere per la costruzione di un muro antidroni che possa “garantire la sicurezza dei nostri cieli”, evitando inutili sperperi di denaro per abbattere velivoli senza pilota del valore di poche migliaia di euro con armi tradizionali – come i missili – che costano milioni.
Una misura difensiva che non sembra piacere al Cremlino: il portavoce Dmitry Peskov ha detto molto chiaramente che “la creazione di muri è sempre negativa, come dimostra la Storia, ed è molto triste che questa politica militarista e di confronto dell’Ucraina ora possa potenzialmente iniziare a concretizzarsi nella creazione di nuovi muri divisori”.
Azioni che, concludono da Mosca, “non servono a nulla” e di certo “non cambieranno l’esito di una guerra che la Russia sta vincendo sul campo”.