Un’agenzia italiana di rating per far saltare il ricatto dello spread. Parla l’economista Galloni: “L’Italia tiri dritto, basta pensare allo zero virgola”

Secondo l'economista se l’Esecutivo dovesse fare passi indietro, sarebbe la fine

Il ministro Giovanni Tria bene ha fatto a tirare dritto, nonostante le critiche sul Def di Europa, Bankitalia e Fmi. Anche perché, “se il Governo abbassasse il tiro, si indebolirebbe da ogni punto di vista. A Roma diciamo: chi si fa pecora, il lupo se la magna”. Una battuta eloquente quella del professor Antonino Galloni, economista e presidente del Centro Studi Monetari.
Bene così, dunque?
Bisogna partire da principio. Questo Governo nasce, anche per merito del presidente della Repubblica, con un compromesso: non si può continuare con le vecchie politiche economiche, ma non si può arrivare all’uscita dall’euro. Questo è il solco: si resta in Europa e nell’euro, ma considerando quella che è la situazione italiana.
E qual è la nostra situazione?
Noi abbiamo enormi ricchezze archeologiche, artistiche, lavorative, tecnologiche non valorizzate. E di contro abbiamo 10 milioni di poveri assoluti, 20 milioni di poveri relativi, 4 milioni di imprese alla canna del gas, 3 milioni di disoccupati ufficiali. Bruxelles ci chiede di continuare con le politiche che hanno creato questa situazione.
Noi cosa dovremmo fare?
In queste condizioni non è che si può stare a pensare agli zero virgola.
Dall’Europa, però, le critiche continuano.
Se Bruxelles si scatena perché finora l’Italia non aveva mai alzato la testa, è un problema di Bruxelles. L’Italia fa bene a tirar dritto e a continuare sul solco di quel compromesso di cui dicevamo. Anche se…
Anche se?
Paradossalmente con più coraggio, con una manovra ancora più espansiva, si avrebbe un effetto sul pil più marcato e quindi un’effettiva riduzione del debito e avremmo anche una movimentazione pesante di centinaia di migliaia di posizioni lavorative aggiuntive. Ma per fare questo bisogna risolvere due questioni.
Quali?
Oltre all’Europa c’è il prolema dei mercati.
In che senso?
Bisogna fare in modo che le nostre banche non siano spiazzate da un cattivo rating. Il vero problema non è lo spread, ma il rating.
Cosa potrebbe succedere se ci abbassassero ancora di rating?
Può accadere che le stesse banche non abbiano alcun interesse a mantenere titoli italiani o non lo possano addirittura fare.
C’è una soluzione?
Dobbiamo immediatamente attrezzarci con un’agenzia di rating nostra e con un accordo con le grandi banche. Se non si fanno queste due cose è come voler andare ad affrontare i carri armati a mani nude o con le fionde. Ci vogliono invece i bazooka. Il Governo deve immediatamente pensare a predisporre delle difese preventive affinché lo spread non influisca troppo sui tassi d’interessi delle nuove emissioni.
Dunque un’agenzia di rating italiana?
Sì, poi se ci accordiamo con altri grandi Paesi è ancora meglio. L’importante sono i criteri: questa agenzia dev’essere fatta da professionisti seri, non quelli che fanno parte delle agenzie statunitensi che consigliavano ai loro clienti dieci minuti prima dei crolli dei titoli di acquistarli, come capitato con Lehman Brothers. Servono professionisti bravi che spieghino in base a cosa danno il rating.
E su cosa si dovrebbe dare?
Da quando esiste la macroeconomia, il rating di un Paese dipende dalle sue capacità di esportare e di sostituire importazioni. In pratica, dipende dalla capacità di avere una bilancia commerciale sostenibile.
Al di là delle critiche che arrivano da Bruxelles, com’è messa l’Italia?
Questo è il punto. Siccome l’Italia da questo punto di vista sta andando bene, stiamo esportando, siamo la terza potenza mondiale in quanto a diversificazione merceologica dell’export e inoltre stiamo sostituendo moltissime importazioni, non vedo perché dobbiamo avere dei fondamentali negativi. Dovremmo avere anche noi le tre “A”.