All’Esquilino scoperti negozi d’abbigliamento cinesi che riciclavano i soldi di droga ed estorsioni per conto dei clan romani e anche calabresi

All'Esquilino i negozi cinesi riciclavano i soldi di droga ed estorsioni per conto dei clan romani e anche calabresi

All’Esquilino scoperti negozi d’abbigliamento cinesi che riciclavano i soldi di droga ed estorsioni per conto dei clan romani e anche calabresi

Sembravano negozietti cinesi di abbigliamento come tanti ma in realtà quelli scoperti all’Esquilino erano veri e propri centri per il riciclo di denaro sporco, conseguiti da più gruppi criminali dediti al traffico, anche internazionale, di sostanze stupefacenti. Questo quanto portato alla luce dal blitz deI finanzieri del Comando Provinciale di Roma che hanno eseguito, nelle province di Roma, L’Aquila, Reggio Calabria, Napoli, Perugia, Ancona e Campobasso un’ordinanza di custodia cautelare a carico di 33 persone.

Stando a quanto trapela 22 di loro sono finiti in carcere mentre per 11 sono stati disposti gli arresti domiciliari. Nei loro confronti, a seconda delle posizioni, vengono contestati il reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e al riciclaggio, l’estorsione, l’autoriciclaggio e la detenzione abusiva di armi.

All’Esquilino scoperti negozi d’abbigliamento cinesi che riciclavano i soldi di droga ed estorsioni

Le attività di “ripulitura” del denaro avvenivano presso le sedi di attività commerciali dedite all’import-export di abbigliamento e accessori di moda, tutte gestite da due comunità familiari cinesi nel quartiere Esquilino della Capitale. Tali esercizi, esistenti solo formalmente, fungevano in realtà da “centri di raccolta” del denaro di provenienza illecita destinato a essere trasferito all’estero (prevalentemente in Cina) in maniera anonima e non tracciabile.

Tale illegale intermediazione finanziaria, basata su puntualità, discrezionalità e sicurezza, garantita dalle performance dei soggetti cinesi coinvolti, si fondava sul c.d. metodo “Fei Ch’ien” (letteralmente “denaro volante”), consistente nel virtuale trasferimento del denaro all’estero. Nei fatti, il denaro depositato presso il broker cinese non lasciava fisicamente il Paese di partenza, venendone invece trasferito il solo “valore nominale” alla controparte/broker presente nel Paese estero.

La successiva compensazione poteva avvenire con modalità diverse quali, tra le altre, il ricorso a corrieri di valuta, bonifici “diretti” di importo frazionato (al fine di aggirare i vincoli antiriciclaggio) ovvero a mezzo di trasferimenti di denaro sulla base di operazioni commerciali fittizie.

I soldi sporchi riciclati all’Esquilino

All’esito delle attività delegate dall’Ufficio di Procura sono stati sequestrati circa 10 milioni di euro (di cui 8 milioni di euro presso lo scalo aeroportuale “Leonardo da Vinci” di Fiumicino), nei confronti dei “money mule” incaricati di trasferire fisicamente il denaro fuori dal territorio unionale; accertati conferimenti di denaro di provenienza illecita in favore della compagine cinese di stanza a Roma per oltre 4 milioni di euro.

Nel complesso, sono state tracciate movimentazioni finanziarie per oltre 50 milioni di euro, dirette dal territorio nazionale verso la Repubblica Popolare Cinese. Per quanto, invece, concerne i conferitori del denaro contante da riciclare, le indagini si sono incentrate su due distinte associazioni criminali dedite al narcotraffico delle quali, in particolare, una si serviva di chat criptate per sfuggire ai tentativi di intercettazione e il cui contenuto è stato acquisito anche grazie alla collaborazione tra la D.D.A. di Roma ed Eurojust.

L’efficacia delle indagini consentiva, in occasione dei numerosi interventi repressivi effettuati, di riscontrare direttamente le notevoli potenzialità delle organizzazioni investigate, le quali potevano contare su: metodologie di comunicazione all’avanguardia finalizzate ad evadere le intercettazioni; autovetture dotate di sofisticati vani segreti per trasportare droga, armi e denaro; luoghi dedicati, vigilati e difficilmente penetrabili destinati al deposito e alla lavorazione dello stupefacente prima della sua immissione nella rete di vendita clandestina.