Arrestata a Palermo la preside antimafia Daniela Lo Verde

La preside della scuola "G. Falcone" del quartiere Zen, Daniela Lo Verde, si sarebbe appropriata di cibo, computer, tablet e iPhone.

Arrestata a Palermo la preside antimafia Daniela Lo Verde

Negli anni, a Palermo, era diventata un simbolo della legalità e dell’antimafia. Tanto da ottenere perfino il titolo di Cavaliere della Repubblica. Ma da questa mattina, con accuse schiaccianti, Daniela Lo Verde, preside della scuola “Giovanni Falcone” del quartiere Zen, è agli arresti domiciliari, accusata, dai magistrati della Procura europea, di corruzione e peculato.

La preside della scuola “Giovanni Falcone” del quartiere Zen, Daniela Lo Verde, è accusata di peculato e corruzione. Si sarebbe appropriata di cibo, computer, tablet e iPhone

Secondo quanto hanno documentato le indagini dei Carabinieri, la dirigente scolastica, con la complicità del suo vice e di imprenditori, si sarebbe appropriata di cibo, computer, tablet e iPhone e gestito, attestando il falso, fondi comunitari e nazionali per progetti extrascolastici in realtà mai compiuti. L’inchiesta, coordinata dai procuratori delegati dell’European Public Prosecutor’s Office di Palermo, Calogero Ferrara e Amelia Luise, ha consentito di accertare l’esistenza di un “centro di interessi illeciti, radicato all’interno dell’Istituto” formato “dalla preside, dal vicepreside e da professionisti privati”.

L’indagine, chiamata “La Coscienza di Zen-O”, avviata nel febbraio dello scorso anno dopo la denuncia di una docente, ha documentato che la preside Lo Verde e il suo vice, Daniele Agosta, “in maniera spregiudicata e per accaparrarsi i cospicui finanziamenti comunitari connessi, avrebbero attestato falsamente le presenza degli alunni all’interno della scuola anche in orari extracurriculari, al fine di giustificare l’esistenza di progetti Pon di fatto mai realizzati o realizzati solo in parte, nella considerazione che la mancata partecipazione degli studenti avrebbe inciso in maniera direttamente proporzionale sulla quota parte dei fondi destinati per ciascun Pon alla Dirigenza”.

Per accaparrarsi i finanziamenti comunitari avrebbero attestato falsamente la partecipazione degli alunni a progetti Pon mai realizzati

Secondo la Procura europea la gestione dell’Istituto Falcone era “volta a curare interessi di natura meramente personale, anche con riguardo alle procedure di acquisto e fornitura di generi alimentari per il servizio di mensa della Scuola”. Una circostanza, provata dal rinvenimento all’interno degli uffici della presidenza, di una “cospicua quantità di generi alimentari nonché costosi dispositivi informatici destinati agli studenti, che sarebbero stati costantemente prelevati dalla preside e dal suo vice per proprie ed esclusive necessità”.

La dirigenza della scuola “avrebbe affidato stabilmente, contra legem, la fornitura di materiale tecnologico ad una sola azienda in forza di un accordo corruttivo”

Gli inquirenti hanno ricostruito che la dirigenza della scuola “avrebbe affidato stabilmente, contra legem, la fornitura di materiale tecnologico ad una sola azienda in forza di un accordo corruttivo volto all’affidamento di ulteriori e importanti commesse in cambio di molteplici illecite dazioni di strumenti tecnologici di ultima generazione”. Gli investigatori dell’Arma, in particolare, hanno provato, nascondendo una microcamera nell’ufficio della preside “antimafia”, che la dipendente della ditta – dopo aver ottenuto copia del preventivo dell’impresa concorrente per la fornitura degli arredi scolastici ed essersi assicurata la nuova fornitura di ulteriori Notebook – ha consegnato due cellulari alla Lo Verde. Il vicepreside, scrive il gip, poco dopo, si è lamentato con la dirigente scolastica per non aver trovato il modello 13 Pro dell’iPhone “da lui evidentemente richiesto”. Ma quei due smartphone, avrebbe poi affermato la preside, erano per le figlie e non per lui.

I pm europei scrivono che le condotte dei due funzionari “risultano particolarmente gravi alla luce della loro completa adesione a logiche di condotta meramente utilitaristica, della strumentalizzazione dell’azione amministrativa e dalla vocazione a ritenere la pubblica amministrazione come un pozzo dal quale attingere costantemente qualsivoglia utilità, dagli strumenti tecnologici di ultima generazione ai generi alimentari”.

“All’interno dell’Ufficio di Presidenza era custodita una cospicua quantità di generi alimentari nonché costosi dispositivi informatici”

Daniela Lo Verde, scrivono ancora gli inquirenti, avrebbe “costantemente alimentato la propria immagine pubblica di promotrice della legalità”, nonostante “il suo quotidiano agire illegale e la costante attenzione ai risvolti economici della sua azione amministrativa, di fatto abbandonando l’esercizio del suo ruolo tipizzato di controllo e di gestione finalizzato al buon andamento” dell’Istituto Falcone, “che si rivolge a un’utenza particolarmente fragile, costituita da alunni che, nel caso di specie, sono già penalizzati da un contesto sociale e culturale di degrado come quello in cui versa il quartiere Zen”.

“Per dare un po’ di speranza a questa terra disgraziata vorrei sottolineare che l’indagine nasce dalla denuncia di una professoressa che non voleva essere complice di questa cosa incredibile” ha detto il procuratore delegato dell’Eppo, Ferrara.