Asta frequenze, la Rai ricorre al Tar contro Agcom e ministero

di Clemente Pistilli

Al fine di garantire effettiva concorrenza e pluralismo, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha disposto che all’asta delle frequenze del digitale terrestre non possano partecipare la Rai, Mediaset e Telecom Italia. Mentre il Governo si prepara a dare il via all’assegnazione dei nuovi spazi in tv e a chiudere così i conti con l’Unione europea, che proprio sul fronte del monopolio televisivo ha aperto una procedura d’infrazione contro l’Italia, la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo non ci sta a restare fuori dal nuovo business e ha presentato ricorso al Tar del Lazio contro l’Agcom e contro il ministero dello Sviluppo economico. L’obiettivo della Rai? Far annullare la delibera sulla procedura per l’assegnazione delle frequenze disponibili e tornare così “in pista”. L’Authority ha puntato a un’asta all’insegna della trasparenza e della tutela dei piccoli operatori televisivi, in grado di portare pluralismo e rendere concorrenziale il sistema italiano, da sempre quasi esclusivo appannaggio della tv di Stato e di Mediaset. Sul piatto le frequenze per tre reti televisive digitali terrestri, con diritti d’uso ventennali, spazi resi liberi grazie alle nuove tecnologie. Rai, Mediaset e Telecom sono rimaste fuori in quanto è stata prevista l’esclusione di tutti i soggetti in possesso di tre o più multiplex, quella tecnica con cui più canali vengono diffusi insieme sulla medesima banda di frequenza, grazie alla compressione di dati. Via i “colossi” dunque e spazio ai “piccoli”. Dopo vari contatti con la Commissione europea, il Governo Letta ha deciso di seguire la strada indicata da Monti e nello specifico dal ministro Corrado Passera, procedendo all’asta. “Un’asta – ha precisato nel corso di una recente audizione alla Camera il ministro Flavio Zanonato – che avverrà tramite rilanci competitivi”. Inviati tutti gli atti in Europa, l’assegnazione delle frequenze è stata data per imminente. Su quella che rappresenta una vera e propria rivoluzione per la tv, incombe però ora il ricorso della Rai. Pluralismo o no, in viale Mazzini non mollano e il provvedimento dell’Agcom alla spa non è andato giù. Il futuro della televisione in Italia è nelle mani dei giudici amministrativi romani, che dovranno ora fissare un’udienza in cui esaminare la vicenda.