Berlusconi ci crede ma vuole che il Colle faccia tutto da solo

di Lapo Mazzei

Al tempo delle larghe, che in molti iniziano a dubitare che siano ancora tali, anche una data diventa motivo di scontro. Certo, trattandosi del giorno in cui l’aula del Senato dovrà esprimersi sulla decadenza da senatore di Silvio Berlusconi, qualche  motivo di tensione è più che legittimo. Solo che non si tratta di un colpo  a sorpresa , ma di una procedura ampiamente prevista. E allora tutto risulta pretestuoso, al limite delle ricerca del casus belli. Perché qualche elemento sul quale riflettere, a dire il vero, c’è pure. Il voto si terrà nell’aula del Senato mercoledì 27 novembre, dopo l’approvazione del ddl Stabilità ma prima delle primarie Pd fissate per l’8 dicembre. Sarà pure un caso, ma il dubbio che il Pd abbia fretta di chiudere la partita viene eccome. Perché la data è stata decisa dalla conferenza dei capigruppo di palazzo Madama a maggioranza, non all’unanimità. A mettersi di traverso sui tempi sono stati tanto il M5S quanto Sel, che avrebbero preferito accelerare, al punto da chiedere un voto immediato dell’assemblea, che ha prontamente bocciato l’accelerazione dei grillini  e dei deputati di Vendola. Trattandosi di una decisione presa a maggioranza ovviamente il calendario è stato confermato dall’Aula.

Il Pdl però è tornato a mettere in discussione la validità del voto sulla decadenza da parte della giunta del Senato: giunta che ha stabilito il sì al voto palese in aula. Perciò il Popolo della libertà ha chiesto e ottenuto che la convocazione del consiglio di presidenza per valutare la pregiudiziale, prima del 27 novembre (che peraltro è il giorno del compleanno di Julia Timoshenko, la politica ucraina rinchiusa in carcere a cui il Cavaliere ha accostato il proprio nome quando un mese fa ha detto agli eurodeputati Pdl “mi faranno marcire in galera come lei”). Al centro della contestazione del Pdl i post piazzati sui social network, in diretta durante la seduta della giunta, da esponenti del M5S.

Il tema della decadenza, però, agita gli animi dentro al centrodestra e si lega a doppio filo alla tenuta del governo delle larghe intese. Contro la calendarizzazione del voto a fine novembre si scagliano i parlamentari del Pdl, che a turno accusano i democratici di voler arrivare alla data delle primarie per la scelta del nuovo leader di partito con “la testa del Cavaliere su un piatto da servire a Matteo Renzi”.  Contestualmente, però, a riaprire un altro fronte carico di tensione ci pensa lo stesso Berlusconi, il quale ritiene – e lo fa sapere pubblicamente – che il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, sarebbe ancora in tempo per concedergli la grazia di sua iniziativa. Un atto di clemenza tombale su cui l’ex presidente del Consiglio torna a insistere dopo le polemiche dei mesi scorsi, quando il processo sui diritti tv Mediaset si è concluso con una sentenza definitiva di condanna pronunciata dalla Cassazione: 4 anni a Berlusconi per frode fiscale.Giova ricordare che l’articolo 87 della Costituzione prevede, al comma undicesimo, che il presidente della Repubblica può, con proprio decreto, concedere la grazia e commutare le pene: la concessione estingue, in tutto o in parte, la pena inflitta con la sentenza irrevocabile o la trasforma in un’altra specie di pena prevista dalla legge. Che Napolitano sia ancora in tempo per concedergli la grazia, il presidente di Forza Italia lo dice a Bruno Vespa per il libro “Sale, zucchero e caffè. L’Italia che ho vissuto da nonna Aida alla Terza Repubblica”. “Mi dicono che per avere la grazia bisogna aver iniziato a scontare la pena. Dunque, sarebbe ancora in tempo”, ha spiegato l’ex premier.

Vespa racconta anche che non è stata presentata alcuna domanda da parte di Berlusconi, della sua famiglia e dei suoi avvocati. Napolitano, sempre a quanto riferito dal giornalista, ricevette riservatamente il 9 agosto Gianni Letta e Franco Coppi, difensore del Cavaliere, per un sondaggio discreto sulla possibilità della grazia. Questi interpretarono positivamente in questo senso un passaggio del messaggio di Napolitano del 13 agosto. Poi, scrive Vespa, il capo dello Stato si sarebbe irrigidito per le dimissioni in massa dei parlamentari di Forza Italia (poi revocate) e da allora non si è più parlato di grazia.  I misteri della politica italiana non smettono mai di stupire.