Caro benzina, il bluff di Urso: il prezzo medio è un fallimento, ma lui esulta e fa propaganda

Il ministro Urso esulta per i risultati del cartello medio dei prezzi della benzina, ma l'obbligo è stato fallimentare: cosa dicono i dati.

Caro benzina, il bluff di Urso: il prezzo medio è un fallimento, ma lui esulta e fa propaganda

Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, festeggia. Ma, ancora una volta, i dati gli danno torto. Sul caro benzina l’intervento del governo, con l’obbligo di introdurre il cartello medio dei prezzi, non ha funzionato. Anzi, ha avuto l’effetto opposto, portando un aumento dei prezzi dalla sua entrata in vigore a inizio agosto.

Eppure Urso torna a esultare per il risultato della misura. E lo fa ancora una volta ignorando tutti i dati, così come fatto in estate quando parlava di discesa dei prezzi mentre invece il carburante continuava a crescere. 

Urso afferma che l’esposizione del prezzo medio “ha avuto successo” perché oggi “il prezzo medio della benzina è sceso a 1,90 euro, ben al di sotto dei due euro”. Secondo Urso “non c’è stato un adeguamento al prezzo più alto e, anzi, la curva è scesa verso il basso”. Ma è davvero così?

Caro benzina, Urso ignora completamente le quotazioni internazionali

A smentire Urso ci pensa Bruno Bearzi, presidente della Figisc-Confcommercio: “Con buona pace del ministro Urso non sono certo i cartelli con i prezzi medi ad aver fatto calare i prezzi, e non certo di ‘un terzo’, secondo le sue affermazioni, ma di alcuni cent, spostando l’asticella da 2 euro a poco più di 1,9”.

Le ragioni, infatti, “vanno cercate in una diminuzione delle quotazioni internazionali dei prodotti raffinati per autotrazione, peraltro ancora in una fase di volatilità a causa della situazione in Medio Oriente. Anche gli aumenti del greggio di questi giorni non hanno influito pesantemente, perché chi decide i prezzi – le compagnie, non certo i benzinai – ha scelto di tenere un profilo basso sui margini, almeno in questa fase”.

Per Bearzi “sostenere che è il cartello a far diminuire i prezzi è pura narrazione propagandistica: se il cartello, finora, non li ha fatti aumentare verso l’alto per effetto di un riallineamento verso la media, certamente non li ha fatti diminuire”. Ma chi ha davvero ragione e cosa dicono i dati?

I prezzi del carburante, il confronto: perché Urso bluffa

Partiamo dai prezzi del carburante. Il 31 luglio, quindi subito prima dell’entrata in vigore dell’obbligo di esporre il prezzo medio ai distributori, la benzina costava 1,897 euro al litro, il gasolio 1,746 e il Gpl 0,708. Il riferimento è quello dei dati dell’osservatorio settimanale sui prezzi del ministero dell’Ambiente. 

Se andiamo a vedere l’ultima rilevazione settimanale (risalente al 16 ottobre, pochi giorni fa, su dati fino al 15 ottobre), il prezzo non è affatto sceso rispetto a luglio. Anzi. La benzina è aumentata di poco, a quota 1,918 euro al litro. Ma il gasolio è nettamente salito, raggiungendo 1,897 euro al litro (era, ricordiamo a 1,746). Aumento anche per il Gpl a quota 0,723.

Sul fatto che il prezzo della benzina sia sceso dall’introduzione dell’obbligo di esporre i cartelli medi, quindi, Urso mente. Al massimo può dire che il prezzo è sceso da settembre (quando aveva superato i 2 euro al litro) a oggi, ma non si capisce in che modo questo dovrebbe dipendere da un obbligo entrato in vigore due mesi prima e con scarsissimo successo.

Benzina, cosa ci dicono le quotazioni del petrolio: l’andamento del Brent

Passiamo, quindi, ad analizzare l’andamento dei mercati internazionali, prendendo come riferimento le quotazioni del Brent per il petrolio. Il 31 luglio, prima dell’obbligo, si attestava a 85,56 dollari al barile. Ad agosto si è poi registrato un aumento minimo: per tutto il mese si è praticamente rimasti sotto la soglia del 31 luglio a fronte, però, di un continuo aumento dei prezzi. Altro che successo del cartello medio: evidentemente i distributori hanno ritoccato al rialzo le tariffe, proprio come sottolineato da diversi esperti e associazioni. 

A settembre, in effetti, le quotazioni sono aumentate, portando i prezzi sopra i 2 euro al litro con il Brent che ha superato i 90 dollari al barile (con picchi di 97 dollari). Ma a inizio ottobre il prezzo è nuovamente crollato a 84 dollari al barile. Ovvero più basso di quello pre-cartello medio. Eppure i prezzi a inizio ottobre erano più alti che a luglio, nonostante quotazioni praticamente uguali (anzi più basse).

Una risalita delle quotazioni si è registrata solamente dal 13 ottobre, con la crisi in Medio Oriente, raggiungendo ora una cifra superiore ai 90 dollari al barile. La risalita dei prezzi del carburante ancora non c’è stata, ma è ancora presto per valutarla, considerando che i dati fanno riferimento a soli due giorni dopo l’inizio dei rialzi. Fino al 12 ottobre, la quotazione era intorno agli 85-86 dollari al barile, più o meno la stessa di luglio ma con prezzi più alti al distributore. Altro che successo dell’obbligo di esporre il cartello medio dei prezzi della benzina.