La Lega e i clan: l’inchiesta sull’amico dei boss che a Latina ha aiutato il sottosegretario Durigon

Un'inchiesta di Domani racconta dei rapporti tra un amico dei boss di Latina e il sottosegretario della Lega Durigon, fedelissimo di Salvini

La Lega e i clan: l’inchiesta sull’amico dei boss che a Latina ha aiutato il sottosegretario Durigon

Un’inchiesta del quotidiano Domani a firma di Giovanni Tizian e Nello Trocchia racconta dei rapporti tra un amico dei boss di Latina e il sottosegretario della Lega Claudio Durigon, fedelissimo di Matteo Salvini. L'”amico” è Natan Altomare, in rapporti con i Di Silvio e oggi accusato di sequestro di persona e ricettazione. Secondo l’accusa i soldati dei boss avrebbero affisso i manifesti elettorali e fatto campagna per altri candidati del partito di Salvini.

La Lega e i clan: l’inchiesta sull’amico dei boss che a Latina ha aiutato il sottosegretario Claudio Durigon

Nell’inchiesta del giornale diretto da Stefano Feltri si parla del sottosegretario al Lavoro Durigon, ma spuntano anche i nomi del capogruppo del Carroccio in Regione Lazio Angelo Tripodi e del deputato Francesco Zicchieri. Che negano i rapporti con i clan, accusano a loro volta i pentiti o dicono che non sapevano nulla dei manifesti elettorali finiti nelle auto dei clan. Tutto parte dalle inchieste dell’antimafia sui clan di Latina: i nomi sono Travali e Di Silvio e sono tutti connessi con i Casamonica di Roma.

Si parla della campagna elettorale del 2018, nella quale Durigon, già esponente del sindacato Ugl, è stato eletto deputato. Prima aveva incontrato in due occasioni, nel quartier generale della sua campagna elettorale e in un locale, Natan Altomare, coinvolto e poi prosciolto in un’indagine sul clan Di Silvio. Su Altomare i contatti con il boss sono però dimostrati. Nel 2020 è finito ai domiciliari insieme a Luciano Iannotta: Altomare è accusato di sequestro di persona e ricettazione nell’inchiesta Dirty Glass. Ed è stato di recente interrogato dall’Antimafia di Roma.

Altomare, secondo Domani, ha confermato di aver pagato le feste nel locale a Durigon e di averlo aiutato durante la campagna elettorale. Durigon ha confermato di aver conosciuto Altomare come suo sostenitore ma di non sapere dei suoi legami. “Riguardo alle feste di cui mi chiedete ho solo partecipato ma non conosco i dettagli e non mi risulta che la Lega abbia avuto una sede a palazzo Pegasol”, ha detto al quotidiano.

L’appartamento per Durigon offerto da Iannotta

Altomare ha detto che l’appartamento di Palazzo Pegasol è stato offerto gratuitamente dal suo capo Iannotta. Alle feste, sempre secondo il racconto del pentito, hanno partecipato anche uomini delle forze dell’ordine. Altomare e Durigon nel periodo della campagna si scambiavano messaggi, che dimostrano il rapporto tra i due. Altomare aveva chiesto al politico leghista un aiuto, semmai un ruolo, per ricostruire il suo profilo pubblico. E cosa c’è nelle carte di Dirty Glass?

Nell’inchiesta Dirty glass c’è la fotografia di un sistema imprenditoriale che acquisiva società in difficoltà, corrompeva persone nella pubblica amministrazione e sfruttava relazioni con le forze
dell’ordine per ottenere informazioni riservate. Un sistema che non si faceva scrupolo, quando necessario, di affidarsi anche a uomini legati al crimine organizzato, i Di Silvio per l’appunto.
Altomare e Iannotta sono accusati di un presunto sequestro di persona.

«Forte rumore di schiaffi», si legge nei documenti degli investigatori. Le due vittime vengono interrogate, Iannotta, alla presenza di Altomare, dice: «Ammazza uno dei due… chi te pare scegli, ambarabaciccicocò». Silenzio, e poi l’urlo di Altomare: «Mi sono fatto la galera per un amico… cazzo». Segue, scrivono gli inquirenti, «rumore di percosse». Il giudice chiarisce i ruoli: «Iannotta sparava colpi d’arma da fuoco vicino al volto (della vittima ndr) mentre Altomare, che si vantava di essere state in galera, percuoteva l’altra».

Il presunto sequestro risale a maggio 2018, due mesi dopo la fine della campagna elettorale. Angelo Tripodi, capogruppo del partito di Salvini nel consiglio regionale del Lazio, non vuole parlare di Altomare.

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Il pentito e il milione

Nelle carte c’è anche un’altra accusa che parte dal pentito Agostino Riccardo. Secondo il quale Tripodi avrebbe promesso un milione in cambio di voti per farsi eleggere in Regione. Ma qui Tripo risponde con una risata: “Secondo voi appena finite le amministrative penso a quello che dovrò fare due anni dopo?”. Il consigliere della Lega si riferisce al fatto che alle amministrative del
2016 correva per diventare sindaco di Latina ma non con la Lega, bensì con una lista civica appoggiata dai neofascisti di Forza nuova.

Tripodi non è stao mai indagato. Quando era candidato sindaco avrebbe ricevuto voti da un candidato consigliere con la mediazione dei boss. Per questi fatti c’è un processo in corso e tra gli imputati anche un candidato di una lista civica che lo sostenevano. “Io non sono mai stato indagato, uno dei 182 candidati che mi sostenevano avrebbe chiesto voti a queste persone, ma io non c’entro nulla”, dice lui.

Infine c’è la storia di Noi con Salvini. Renato Pugliese, ex gerarca dei clan, ha detto ai magistrati che durante la campagna elettorale per le elezioni del sindaco di Latina “attaccavamo i manifesti per Noi con Salvini”, come si legge nel verbale del 5 giugno 2017.

A Latina il movimento Noi con Salvini ha sostenuto il candidato Nicola Calandrini, nella coalizione era presente anche Fratelli d’Italia. Non c’era Angelo Tripodi, che correva per diventare primo cittadino sostenuto dalla destra neofascista. Alla fine, dopo il ballottaggio, verrà eletto sindaco il candidato del centrosinistra.

Secondo gli inquirenti i manifesti sono la prova del sostegno elettorale.