Senza bavaglio

Il Pd contro la lottizzazione (degli altri)

Il tragicomico sit-in di protesta davanti alla Rai di TeleMeloni è la plastica rappresentazione di un partito che si logora solo quando a lottizzare sono gli altri.

Il Pd contro la lottizzazione (degli altri)

A parte la scelta infausta della data, con il quartier generale di Viale Mazzini trasferito armi e bagagli al Teatro Ariston di Sanremo, il sit-in del Partito democratico davanti la sede (vuota) della Rai per protestare contro l’occupazione del servizio pubblico, assomiglia tanto alla messa in scena del vecchio adagio popolare del bue che dice cornuto all’asino.

L’indignata manifestazione di mercoledì scorso (7 ottobre) contro la lottizzazione della Rai, che da sempre ha contribuito a lottizzare, è la plastica rappresentazione di un partito che si logora solo quando a lottizzare sono gli altri. Certo, la nuova TeleMeloni denunciata a Viale Mazzini dal Pd è un fatto. Ma la protesta capeggiata da Elly Schlein assume i contorni della tragicommedia se si considera la quota di poltrone riconducibili, pure nell’attuale assetto della Rai sovranista, al Partito democratico. 

Una stima indicativa ha provato a farla il Fatto Quotidiano: un consigliere del Cda, i direttori di Tg3, Radio2, Radio3, Palinsesti e San Marino, due vicedirettori del Tg1, uno del Tg2, due della Tgr, uno del Gr1, due di Rainews24, uno di RaiParlamento, tre degli Approfondimenti, i capi di Rai Cinema, Rai Fiction, Rai Cultura, Offerta informativa, RaiKids, RaiPlay e Digitale, Rai Way, senza contare la pletora di corrispondenti e conduttori di Tg e Talk Show.

E non finisce qui. La legge che regola la governance di Viale Mazzini è unanimemente criticata per aver ulteriormente accentuato la dipendenza della Tv di Stato non solo dalla politica ma addirittura dal governo: l’amministratore delegato è designato dal ministero dell’Economia. E chi ha introdotto quella legge? Il Pd (governo Renzi), che ora dice di volerla cambiare liberando il Servizio pubblico dal giogo dei partiti. Ma non risulta che l’abbia fatto quando è stato al governo per quasi tre anni, prima con Conte e poi con Draghi premier. Arrivederci alle prossime nomine. E al prossimo sit-in.