Israele attraverso l’ex capo del Mossad provò a fermare l’inchiesta della Corte penale internazionale sui crimini commessi a Gaza, lo scoop del Guardian

Israele attraverso l'ex capo del Mossad provò a fermare l'inchiesta della Corte penale internazionale sui crimini commessi a Gaza

Israele attraverso l’ex capo del Mossad provò a fermare l’inchiesta della Corte penale internazionale sui crimini commessi a Gaza, lo scoop del Guardian

Che la richiesta del procuratore capo della Corte penale internazionale (Cpi) di chiedere l’arresto, per presunti crimini di guerra, nei confronti di Benjamin Netanyahu e del ministro della Difesa Yoav Gallant non fosse gradita a Israele, era già chiaro a tutti. Quello che nessuno si aspettava è che il governo di Tel Aviv, avendo ben chiaro che una simile decisione era a dir poco concreta, avesse fatto letteralmente carte false per cercare di bloccare i giudici.

Questo almeno è quanto emerge dallo scoop del quotidiano britannico The Guardian, secondo cui l’ex capo del Mossad, Yossi Cohen, avrebbe minacciato l’ex procuratore capo della Cpi, Fatou Bensouda, in una serie di incontri segreti al fine di convincerla ad abbandonare un’indagine su presunti crimini di guerra e contro l’umanità nella Striscia di Gaza.

Israele attraverso l’ex capo del Mossad provò a fermare l’inchiesta della Corte penale internazionale sui crimini commessi a Gaza

Secondo il prestigioso quotidiano, i contatti segreti di Cohen con Bensouda sarebbero avvenuti ben prima che l’ex procuratore decidesse di avviare un’indagine formale. Un’inchiesta che, come noto, è culminata la scorsa settimana con la richiesta del successore di Bensouda, il giudice Karim Khan, di emettere mandati di arresto nei confronti del primo ministro israeliano, del ministro Gallant e dei leader di Hamas per le loro condotte nel corso della guerra nella Striscia di Gaza. Secondo un alto funzionario israeliano, sentito dal quotidiano britannico, le attività di Cohen “erano autorizzate ad alto livello” e giustificate dal fatto che la corte rappresentava una minaccia per possibili procedimenti giudiziari contro il personale militare.

Un’altra fonte israeliana, ritenuta “ben informata sull’operazione”, avrebbe affermato che “l’obiettivo del Mossad era quello di compromettere il procuratore o di arruolarla per collaborare con le richieste di Israele” e che in ogni caso Cohen agiva come “messaggero non ufficiale” di Netanyahu. In base a quanto accertato dal Guardian, la faccenda aveva spinto Bensouda a informare un piccolo gruppo di alti funzionari della Cpi dei tentativi di condizionamento portati avanti da Cohen, esprimendo anche preoccupazioni per la natura sempre più persistente e minacciosa del suo comportamento.

Secondo i suoi resoconti, pubblicati sul prestigioso quotidiano britannico, l’ex capo del Mossad le avrebbe detto: “Dovresti aiutarci e lasciare che ci prendiamo cura di te. Tu non vuoi finire in mezzo a cose che potrebbero compromettere la tua sicurezza o quella della tua famiglia”. Un’inchiesta giornalistica che il Guardian ha precisato di aver condotto in collaborazione con la testata israelo-palestinese +972 Magazine e la testata in lingua ebraica Local Call su una presunta “guerra segreta” condotta per quasi un decennio da diverse agenzie di intelligence israeliane contro la Corte dell’Aja che, da tempo, indaga sulla situazione nella Striscia di Gaza.

Israele se la prende con la Spagna per il riconoscimento dello Stato palestinese

Lo scoop del Guardian arriva nel giorno di massimo stress per le autorità di Tel Aviv, che si trovano a fronteggiare anche l’avvenuto riconoscimento dello Stato palestinese da parte di Irlanda, Norvegia e Spagna. Proprio il governo di Madrid, guidato dal primo ministro Pedro Sánchez, è in prima linea in questa iniziativa che, a suo dire, punta a gettare le basi per una convivenza pacifica nell’area. A dirlo è stato il leader spagnolo spiegando che l’avvenuto riconoscimento dello Stato palestinese “non è contro nessuno” e che il suo unico obiettivo è “contribuire a far sì che israeliani e palestinesi raggiungano la pace”.

“Questa decisione”, ha aggiunto Sánchez, “riflette il nostro rifiuto totale di Hamas, che è contro la soluzione dei due Stati”. Un gesto distensivo che, però, non è andato giù al ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, che ha protestato con veemenza affermando che la Guida suprema dell’Iran, Ali Khamenei, la vice premier spagnola, Yolanda Díaz, e il leader di Hamas, Yahya Sinwar, “vogliono la scomparsa dello Stato di Israele e la creazione di uno stato terroristico islamico dal fiume al mare”. Katz, letteralmente furioso, ha poi puntato il dito direttamente contro Sánchez, affermando che decidendo di “non licenziare Yolanda Díaz e annunciando il riconoscimento dello Stato palestinese” è di fatto “complice dell’incitamento all’omicidio del popolo ebraico e dei crimini di guerra”.