La Rai ride solo grazie al Festival. Gli spot decollano nella settimana della kermesse. Ma il resto dell’anno è un pianto per Viale Mazzini

Al Festival di Sanremo, per la Rai, sono già rose e fiori. Le spine non esistono. E laddove ci sono vengono abilmente occultate

Il fatturato della pubblicità? Mai cosi bene come ora. Giancarlo Leone consulente, ovvero direttore ombra di Rai Uno. Nessun problema, anzi una soluzione ai problemi. Il caso Vessicchio? Non esiste. Insomma, al Festival di Sanremo, per la Rai, sono già rose e fiori. Le spine non esistono. E laddove ci sono vengono abilmente occultate. Con giochi di prestigio lessicali e sapienti trucchi linguistici. Perché Sanremo è Sanremo.Ma anche la verità è pur sempre la Verità. E così, con la prima puntata andata in archivio seguendo il copione di sempre, viene quasi da pensare che la Rai il proprio Festival, che non è quello delle canzonette da balera tanta è la loro miseria ma quello che si consuma fuori dal piccolo schermo, lo abbia già vinto. O, almeno, prova a dare questa impressione.

I dati – Partiamo dagli spot. Stando ai dati forniti dai Rai Pubblicità negli ultimi sei anni – tra il 2012 e il 2017 – la raccolta pubblicitaria di Sanremo (lorda) è cresciuta di 8 milioni di euro. Nel 2012, anno in cui alla guida della kermesse c’era Gianni Morandi, gli incassi da spot, telepromozioni e quant’altro sono stati pari a 18 milioni. Incassi cresciuti con le due edizioni guidate da Fabio Fazio: 21,3 milioni nel 2013 e 23,7 milioni nel 2014. Quindi il decollo con la gestione di Carlo Conti: 23,9 milioni nel 2015; 24,3 milioni nel 2016; e 26 milioni quest’anno. Miracolo di San Carlo dunque. Ma è proprio vero? La pubblicità di Sanremo sarebbe in crescita grazie al rallentamento della crisi che lentamente molla la presa sulle aziende, ma soprattutto in forza della fiducia dei cosiddetti “big spender” negli ascolti del festival: negli ultimi dieci anni mai sotto il 35% medio di share. In particolare l’anno scorso la serata più vista su RaiUno è stata la finale con il 52,5% di share. A seguire la seconda serata (49,9%); la prima serata (49,5%); la terza serata (47,9%) e la quarta serata (47,8%). Oggi sapremo com’è andata ieri sera (l’attesa è di almeno il 45%). Tutto bello, tranne la realtà.

Bilancio negativo – Nessuno dice che i grandi sponsor spendono tutto solo per Sanremo mente per il resto dell’anno vanno in onda gli spot in saldo. E nonostante questi numeri da capogiro il bilancio della Rai resta drammaticamente in rosso. Sanremo è solo è soltanto il moderno Colosseo, il modo catodico per dare agli italiani quel circo di cui hanno bisogno per discutere e litigare. Dopo il calcio le canzonette. Non a caso per tenere a bada tutti la Rai ha bisogno di un ammaestratore come Giancarlo Leone, ex super dirigente della Rai, diventato consulente dopo l’applicazione del tetto agli stipendi fissato a 240 mila euro. L’ex direttore dell’offerta televisiva guadagnava molto di più della cifra fissata dal governo e per continuare a farlo ha scelto di uscire dalla porta della Rai per rientrare dalla finestra del Festival, aumentando il compenso, pare. In questo è il bello della televisione italiana: incassa il canone dagli italiani ma poi opera sul mercato come una qualunque azienda privata. Una bella nota stonata, diciamo.