Ennesimo giorno di Cop28 dove i grandi della terra avrebbero voluto incontrarsi per affrontare il nodo della crisi climatica. Per capire l’aria greve che tira basta qualche particolare paradigmatico. Dopo l’uscita del presidente della conferenza sul clima Sultan al Jaber (al Jaber è anche capo dell’azienda petrolifera di stato) in cui ha pronunciato tesi antiscientifiche a favore dei combustibili fossili e del petrolio di cui è il quarto detentore al mondo, ieri il Ceo di Saudi Aramco, Amin Nasser (nella foto), ha chiesto maggiori investimenti nel petrolio rispetto alle energie rinnovabili per soddisfare la crescita della domanda di energia.
La Conferenza sul clima Cop28 ridotta a un raduno di lobbisti. Dopo al Jaber è il turno del Ceo della Saudi Aramco
“Se si guarda a questo trimestre, ci sono 103 milioni di barili al giorno di domanda, rispetto al 2019, quando eravamo circa 100 milioni di barili al giorno”, ha spiegato Nasser alla Saudi Green Initiative, un evento collaterale alla Cop28 a Dubai, dove le aziende produttrici di combustibili fossili hanno chiesto di sedersi al tavolo per discutere il loro contributo al futuro mix energetico. “Prevediamo che in futuro ci sarà un’ulteriore crescita della domanda e pertanto sono necessari investimenti per soddisfare la richiesta della nostra produzione e allo stesso tempo gestire il declino dei giacimenti esistenti”, ha aggiunto.
Per tastare il polso della situazione bisogna guardare fuori. È “ormai inevitabile” che la soglia di 1,5°C di riscaldamento globale venga superata “costantemente per diversi anni” e c’è una possibilità su due che ciò accada in soli sette anni. è l’avvertimento lanciato dagli scienziati del Global Carbon Project, che chiedono un’azione urgente. Secondo lo studio di riferimento presentato in occasione della Cop28 in corso a Dubai, si prevede che le emissioni di CO2 prodotte dall’uso di carbone, gas e petrolio in tutto il mondo per il riscaldamento, l’illuminazione o la guida aumenteranno, raggiungendo addirittura un nuovo record nel 2023.
Lo studio stima che il totale delle emissioni globali di anidride carbonica immesse nell’atmosfera nel 2023 raggiungerà i 40,9 miliardi di tonnellate (GtCO2): si tratta di quattro volte di più rispetto al 1960, e la curva delle emissioni, invece di ridursi, è rimasta stabile per dieci anni. Nel 2015, con il trattato dell’Accordo di Parigi, i leader mondiali si sono posti l’obiettivo di non superare la soglia dei +1,5°C per evitare ripetute ondate di caldo e cambiamenti profondi, anche irreversibili, inflitti alla natura dall’azione umana.
Per gli scienziati della Global Carbon Project l’aumento di un grado e mezzo è ormai inevitabile
“I leader riuniti alla CoP28 dovranno concordare una rapida riduzione delle emissioni di combustibili fossili, anche per mantenere l’obiettivo dei 2°C”, afferma il climatologo britannico Pierre Friedlingstein, che ha supervisionato lo studio che ha coinvolto 150 ricercatori da tutto il mondo. Tuttavia, “le misure volte a ridurre le emissioni di carbonio derivanti dai combustibili fossili rimangono terribilmente lente”, critica lo scienziato. “Il tempo che resta da qui alla soglia dei +1,5°C si riduce a tutta velocità, dobbiamo agire adesso”, ha aggiunto.
Del resto il vero record per la CoP28 è chiaro: quasi 2.500 lobbisti dei combustibili fossili hanno ottenuto l’accreditamento per la conferenza sul clima delle Nazioni Unite negli Emirati Arabi Uniti, che non ha fatto mistero di averli invitati, secondo quanto dichiarato martedì da una coalizione di Ong. Questa cifra non sorprende, dato che si prevede che la Cop accoglierà un numero record di partecipanti (oltre 88mila, senza contare i 20mila membri dello staff tecnico e organizzativo) e che, per la prima volta, i partecipanti hanno dovuto fornire informazioni sul loro datore di lavoro e sul loro rapporto, finanziario o di altro tipo. Difficile riporre troppe speranze.