Nella Striscia di Gaza è in corso una carestia (premeditata, pianificata e messa in pratica dal governo di Israele) che mette in serio pericolo la vita di mezzo milione di persone. A certificarlo, ieri, le Nazioni Unite che hanno ufficialmente dichiarato la “carestia”, attribuendo la colpa all’“ostruzionismo sistematico” degli aiuti da parte di “Israele”.
I numeri sono contenuti nel rapporto dell’Ipc (Integrated Food Security Phase Classification Initiative), che denuncia “condizioni catastrofiche, caratterizzate da fame, miseria e morte” in cui versano 500mila persone nel governatorato di Gaza, che copre circa il 20% della Striscia.
A rischio mezzo milione di persone
Altri 1,4 milioni di palestinesi si trovano in una situazione molto grave che rischia di peggiorare e si prevede che entro la fine di settembre il numero di colpiti da carestia salirà a 641 mila, estendendosi a Deir al-Balah e Khan Yunis.
La fame come arma usata da Israele
Gravissima anche la situazione in cui versano i minori, con le previsioni parlano di “almeno 132mila bimbi sotto i 5 anni” che soffriranno di malnutrizione acuta entro giugno 2026. Per il responsabile Onu degli aiuti, Tom Fletcher, la carestia era del tutto evitabile se alle Nazioni Unite non fosse stato sistematicamente impedito da Israele di portare cibo. Usare la fame è “un crimine di guerra”, gli ha fatto eco Volker Turk, alto commissario per i diritti umani.
Guterres (Onu): “Un fallimento dell’umanità”
Durissimo il segretario generale del Palazzo di Vetro, Antonio Guterres: “Proprio quando sembra che non ci siano più parole per descrivere l’inferno di Gaza, ne viene aggiunta una nuova: carestia. Non è un mistero: è un disastro provocato dall’uomo, un’accusa morale e un fallimento dell’umanità stessa. La carestia non riguarda solo il cibo; è il collasso deliberato dei sistemi necessari alla sopravvivenza umana. Le persone muoiono di fame. I bambini muoiono. E coloro che hanno il dovere di agire stanno fallendo”, ha postato ieri su X.
“In quanto potenza occupante, Israele ha obblighi inequivocabili ai sensi del diritto internazionale, incluso il dovere di garantire cibo e forniture mediche alla popolazione. Non possiamo permettere che questa situazione continui impunemente. Basta scuse. Il momento di agire non è domani, è adesso. Abbiamo bisogno di un cessate il fuoco immediato, del rilascio immediato di tutti gli ostaggi e di un accesso umanitario completo e senza restrizioni”, ha concluso il segretario generale Onu.
Ma Bibi non ci sta: “Bugia assoluta”
Una verità – oggettiva – che però Tel Aviv continua a negare. Il primo a respingere le conclusioni dell’Ipc è stato il premier israeliano Benjamin Netanyahu. “Il rapporto dell’IPC è una bugia assoluta. Israele non ha una politica di fame. Israele ha una politica di prevenzione della fame. Dall’inizio della guerra, Israele ha permesso l’ingresso di due milioni di tonnellate di aiuti nella Striscia di Gaza, oltre una tonnellata di aiuti a persona”, ha dichiarato in una nota.
Per il Cogat, il coordinamento delle attività governative israeliane nei Territori (l’ente che aveva certificato l’inesistente leucemia a Marah Abu Zuri), il rapporto contiene “gravi lacune metodologiche e fattuali, l’uso di fonti di informazione distorte, una mancanza di accuratezza materiale e un cambiamento nei criteri che ne minano la credibilità”.
E Tel Aviv non risponde sul cessate il fuoco
Intanto i mediatori internazionali sono ancora in attesa di una risposta ufficiale israeliana alla proposta di cessate il fuoco, accettata da Hamas nei giorni scorsi. Il piano prevede il rilascio scaglionato degli ostaggi, con i primi 10 vivi e 18 corpi in 60 giorni di tregua. Giovedì Netanyahu aveva insistito sulla liberazione di tutti i rapiti insieme, confermando l’intenzione di prendere il controllo di Gaza City.
Katz: “Per Hamas si apriranno le porte dell’inferno”
E ieri il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha dichiarato di aver approvato i piani dell’Idf per “sconfiggere” Hamas, mentre i militari si preparano a entrare a Gaza City. In un messaggio su X, Katz ha avvertito: “Le porte dell’inferno si apriranno presto sugli assassini e sugli stupratori di Hamas a Gaza, finché non accetteranno le condizioni poste da Israele per porre fine alla guerra, in primo luogo il rilascio di tutti gli ostaggi e il loro disarmo”. Il ministro ha aggiunto che, se Hamas non capitolerà, Gaza City “diventerà Rafah e Beit Hanoun”, due città della Striscia rase al suolo dai bombardamenti dal 7 ottobre 2023.
Torna Draghi e punta il dito contro l’immobilità della Ue
In tutto ciò, anche ieri il governo italiano non pervenuto. Ha parlato invece l’ex premier Mario Draghi, che dal Meeting di Rimini ha puntato il dito contro “l’Europa che è stata spettatrice anche quando i siti nucleari iraniani venivano bombardati e il massacro di Gaza si intensificava”.