Mascherine cinesi, l’ex commissario Arcuri è indagato per peculato e abuso d’ufficio. I pm hanno chiesto l’archiviazione per l’accusa di corruzione

L'ex commissario all'emergenza Covid-19, Domenico Arcuri, è indagato per peculato e abuso d'ufficio. L'inchiesta riguarda una maxi commessa di mascherine.

Mascherine cinesi, l’ex commissario Arcuri è indagato per peculato e abuso d’ufficio. I pm hanno chiesto l’archiviazione per l’accusa di corruzione

Sembrava dimenticata in un cassetto della Procura di Roma e, invece, l’inchiesta sulle mascherine cinesi si arricchisce di una nuova puntata. Dopo mesi di lavoro, gli inquirenti hanno iscritto nel registro degli indagati l’ex commissario straordinario all’emergenza Covid-19, l’amministratore delegato di Invitalia Domenico Arcuri, per corruzione, peculato e abuso d’ufficio nell’ambito dell’inchiesta sull’acquisto per 1,25 miliardi di euro di 801 milioni di mascherine irregolari durante la prima ondata e in cui è rimasto coinvolto l’intermediario ed ex giornalista Rai, Mario Benotti (leggi l’articolo).

A confermare la notizia è l’ufficio stampa dell’ex commissario, con una nota in cui viene sottolineato che per quanto riguarda l’accusa di corruzione, i pubblici ministeri Fabrizio Tucci e Gennaro Varone, coordinati dal procuratore aggiunto Paolo Ielo, hanno già chiesto l’archiviazione. Istanza, questa, su cui a giorni si dovrà esprimere il gip di Roma, Paolo Andrea Taviano.

IL CHIARIMENTO. Stando a quanto raccontano dall’entourage di Arcuri, l’ex commissario sabato scorso è stato sentito dai magistrati per chiarire la propria posizione. Secondo quanto si legge nella nota, in questo modo è stato possibile effettuare “un confronto e un chiarimento che si auspicava da molto tempo con l’autorità giudiziaria, rispetto alla quale sin dall’origine dell’indagine il dottor Arcuri ha sempre avuto un atteggiamento collaborativo, al fine di far definitivamente luce su quanto accaduto”.

Proprio da questa interlocuzione, secondo quanto trapela, sarebbero emersi elementi decisivi che hanno convinto i magistrati a chiedere l’archiviazione del capo d’accusa relativo alla presunta corruzione. Una vicenda complicata per la quale la Procura ha disposto il sequestro di 800mila mascherine ma che in parte sono già state distribuite durante la prima ondata del coronavirus. Strumenti finiti sotto analisi da parte degli esperti della Procura che, in relazione ad alcuni lotti di mascherine Ffp2, hanno fatto anche un’ulteriore scoperta shock in quanto, si legge negli atti, “non risultano rispettati i requisiti previsti dalla normativa”.

Una frase a cui, poco dopo, ne segue una ancor più inquietante con gli esperti che mettono nero su bianco: “Attenzione! Dispositivo molto pericoloso!”. Le “indagini documentali”, si legge nel decreto, “hanno dimostrato come una considerevole porzione dell’intera fornitura sia stata validata sulla base di una sistemica sostituzione dei test-report, i quali inizialmente le accompagnavano, con altri”, che riportavano però “una data non già successiva ai primi, come sarebbe accaduto se si fossero ripetute le prove di laboratorio, ma antecedente la fornitura“.

“Tale validazione ha quasi sempre seguito, e non anticipato, i pagamenti delle forniture, cosicché le strutture Inail e Iss a supporto del Cts si sono trovate nella scomoda condizione di dover sconfessare, in caso di giudizio negativo, pagamenti con denaro pubblico già erogati” conclude l’atto. Una vicenda in cui sono indagati Benotti, Andrea Vincenzo Tommasi ed Edisson Jorge San Andres Solis (leggi l’articolo).

Proprio in merito all’ex giornalista Rai, i pm sottolineano che è stato “consulente presso la Presidenza del Consiglio e in vari Ministeri”, “è dotato di entrature politiche” ed “è stato remunerato per avere sfruttato il suo rapporto con Arcuri, con cui aveva avuto 1.282 contatti telefonici tra gennaio e maggio 2020” per “proporgli, come poi avvenuto, l’acquisto delle mascherine” poi finite nel mirino dei pm.

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