Poste non volerà in Borsa

Di Sofia Fraschini per Il Giornale

Alitalia fa slittare il decollo di Poste in Borsa. La notizia bomba, che mette sotto sopra i piani del governo Renzi sulle privatizzazioni di Stato, è stata lanciata ieri sulle colonne del Financial Times. Per trovare, a stretto giro, una netta conferma tra alcune fonti vicine alla società: «Niente Piazza Affari quest’anno – spiegano – anche volendo non ci sono più i tempi tecnici». A complicare la privatizzazione ci sarebbe in prima fila l’affare Alitalia-Etihad, ma non solo.

L’arrivo di Francesco Caio alla guida di Poste Italiane ha cambiato l’ordine delle priorità e il manager non ci tiene a portare in Piazza Affari la società «in fretta e furia» rischiando il flop. Per questo, in vista della quotazione, a questo punto riprogrammata per il 2015, Caio sta alzando le barricate sull’operazione Alitalia: sa di non poter investire in una società (Cai) con delle criticità. Il mercato, sempre più selettivo, non perdonerebbe «lo scivolone» in sede di collocamento.

Per questo l’ad, in queste ore caldissime di trattativa per raggiungere un accordo sulla fusione tra Alitalia e il vettore emiratino, avrebbe aperto un canale diretto con James Hogan, capo di Etihad, per assicurare a Poste un posto in prima fila alle migliori condizioni. Inoltre, starebbe trattando «per l’aggiunta di otto aerei 737 turbo come alimentatori nazionali per le rotte Etihad e per aumentare la sua quota di mercato cargo».

I due manager hanno allo studio anche le possibili sinergie tra i gruppi, che includono la possibilità di vendere i biglietti negli uffici postali o lo sviluppo nel settore delle polizze turistiche. A livello finanziario, al numero uno delle Poste preme, inoltre, che l’investimento in Alitalia sia fatto non nella «vecchia» compagnia, ma nella nuova società che accoglierà anche Etihad.

In questo modo, Poste non dovrebbe caricarsi del fardello dei contenziosi Alitalia, una questione non da poco per chi deve preparare un prospetto informativo per quotarsi in Borsa. Ma c’è da superare il riserbo delle banche azioniste di Alitalia che non vogliono più mettere mano al portafoglio e non ci stanno ad essere trattate come soci di serie B.

D’altra parte, il caso Fincantieri, la società di cantieristica navale appena sbarcata a Piazza Affari , insegna che ci vuole la massima cautela e che gli investitori istituzionali sono diventati più attenti e selettivi. Per questo, sembrano non trovare conferma le voci che vorrebbero Poste Mobile interessata a Tiscali (e su cui avrebbero messo gli occhi già H3g e Sky).

Ore cruciali, dunque, per le parti in trattativa, e per le quali si ipotizza una deadline al primo agosto quando è previsto il cda di Poste. A fare da sponda, sarà ovviamente il governo che è doppiamente coinvolto nella partita Poste-Alitalia, vedendo slittare questa privatizzazione come quella del controllore del traffico aereo Enav. Inizialmente il Tesoro aveva prospettato la quotazione per il prossimo autunno, sperando di raccogliere almeno 4 miliardi. Sul mercato sarebbe dovuto andare il 30-40% delle Poste per una valorizzazione complessiva della società di 10 miliardi.

L’operazione avrebbe dovuto servire a ridurre il debito e anche se il programma di privatizzazioni è stato recentemente confermato, i numeri andranno rivisti. Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha sempre detto di puntare a vendite per 12 miliardi e alla prosecuzione su livelli simili (lo 0,7% del Pil all’anno) fino al 2017. Anche in quest’ottica è stato ormai definito l’ingresso dei cinesi in Cdp Reti . Ma questa operazione non basta e questo Padoan e Renzi lo sanno. Un «piano b» non serve solamente ad Alitalia.