Regeni, ora la pista porta dal Cairo a Cambridge. I dossier del ricercatore sarebbero stati trasmessi al di fuori dell’Università

Tra mille ombre e smentite che continuano ad arrivare dal Cairo, comincia a farsi strada una certezza. Le ricerche che stava conducendo Giulio Regeni insospettivano le forze militari e i servizi segreti egiziani. Anche perchè a metà dicembre l’università di Cambridge chiese a Giulio Regeni di intensificare le ricerche all’interno del sindacato, per avere maggiori informazioni. Queste sono le ipotesi che in queste ore si incrociano e si addensano sulla morte del giovane ricercatore italiano. L’ultima strada investigativa punta sulla ricerca che Regeni stava svolgendo in Egitto, dove era arrivato lo scorso settembre per un’attività legata al suo dottorato per l’Università di Cambridge. Secondo quanto riportato quotidiani nazionali e inglesi, infatti, ad attivare l’interesse degli aguzzini di Regeni potrebbe essere stato un approfondimento, richiesto – o almeno supportato – da parte dell’Università inglese, da una prospettiva interna al mondo dell’opposizione egiziana. Una pista che porta, dunque, direttamente verso il Regno Unito, all’interno della comunità di ricercatori e accademici specializzati nello studio e nell’analisi del contesto mediorientale, con un focus geopolitico preciso: capire fino in fondo le primavere arabe, le opposizioni ai regimi militari – come quello di al-Sisi – i rapporti con l’islamismo e con le opposizioni. Un mix esplosivo, dove si muovono interessi economici enormi. Non è un caso che ora un gruppo di ricercatori inglesi stia pressando affinché anche a Londra si apra un fascicolo sulla morte di Giulio.