Come funziona la seconda dose del vaccino AstraZeneca o Pfizer: cosa succede se si ritarda?

Come funziona la seconda dose del vaccino AstraZeneca o Pfizer e cosa succede se si ritarda? Domande e risposte sul richiamo del vaccino

Come funziona la seconda dose del vaccino AstraZeneca o Pfizer: cosa succede se si ritarda?

Come funziona la seconda dose del vaccino contro il coronavirus? Cosa succede a chi ha fatto la prima dose con AstraZeneca dopo la circolare del ministero della Salute sugli over 60? Chi ha ricevuto la prima dose di Pfizer può fare la seconda con un intervallo di tempo superiore a 3 settimane? Ecco una serie di domande e risposte sulla vaccinazione e su quello che sta succedendo in questi giorni con i richiami, mentre c’è chi propone di ritardare la seconda dose per vaccinare con la prima più persone come in Gran Bretagna.

Come funziona la seconda dose del vaccino AstraZeneca o Pfizer

Il Corriere della Sera spiega oggi che chi ha fatto la prima dose del vaccino AstraZeneca farà la seconda sempre con il siero dell’azienda anglo-svedese. E questo perché, come si è già spiegato in più occasioni, è estremamente improbabile che chi non ha avuto problemi dopo la prima dose li sviluppi dopo la seconda. Lo confermano i dati raccolti nel Regno Unito dove un report indipendente commissionato dal governo al Craig Venter Institute riferisce che non sono stati registrati casi di trombosi o di trombocitopenia (eventi rarissimi) successivi al richiamo.

Chi ha ricevuto la prima dose del vaccino Pfizer può fare la seconda dose con un intervallo superiore alle tre settimane? La risposta è no, perché la scheda tecnica del vaccino approvata da tutte le agenzie regolatorie indica che va fatta entro tre settimane. Perché altrimenti l’immunizzazione non è garantita. Ma nella sperimentazione clinica ci sono stati casi di persone che, per difficoltà logistiche e organizzative, hanno fatto la seconda cose al 42mo giorno e hanno sviluppato comunque la protezione.

Guido Rasi, microbiologo presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata ed ex direttore esecutivo dell’Ema, ha detto però ieri in un’intervista all’agenzia di stampa Agi che due sono le ipotesi possibili. La prima, usare lo stesso vaccino AstraZeneca per il richiamo: “Ci sono i primi 600mila casi – sottolinea Rasi – che dicono in effetti che chi non ha avuto problemi con la prima dose non li ha nemmeno con la seconda e questo sembra logico, perché se si ipotizza, e anche il nesso causale è ancora solo ipotetico, che ci sia una predisposizione, una qualche condizione sottostante, genetica o di altra natura, a rigor di logica chi ha tollerato la prima dose dovrebbe a maggior ragione tollerare la seconda“.

Il richiamo del vaccino contro il coronavirus

La seconda ipotesi, l’uso di un vaccino diverso: “Anche questo a rigor di logica dovrebbe essere un fatto positivo – continua il microbiologo -. Noi sappiamo che usare approcci diversi alla vaccinazione ha il potenziale di stimolare il sistema immunitario ancora di più. In effetti, sono due opzioni molto valide, nessuna delle due personalmente mi desterebbe preoccupazione”. Anche Gianni Rezza, dg della prevenzione del ministero della Salute, nel corso della conferenza stampa della cabina di regia Iss-ministero, ha detto la stessa cosa.

Ovvero che “Non credo che cambi il tempo di somministrazione tra prima e seconda dose di Pfizer e Moderna, anche se questa scelta spetta all’Aifa. C’ètuttavia una certa flessibilità, il richiamo può esser fatto anche con qualche giorno di ritardo, teniamolo in considerazione per ragioni organizzative”. Va comunque ricordato che l’unico Paese ad aver posticipato il richiamo di  Pfizer è stata la Gran Bretagna. Lo ha fatto per coprire il maggior numero possibile di persone in una fase molto critica della pandemia. L’infettivologo Massimo Galli però pone dei paletti: “Non me la  sentirei di fare questa operazione con i più fragili dai quali ci si aspetta una risposta immunitaria meno valida”.

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