Sentenze pilotate in cambio di favori, denaro e viaggi. Ma per corrompere il gip di Ischia potevano bastare anche bottiglie di vino o la pastiera

Tempi duri per la magistratura. Mentre l’inchiesta sullo scandalo al Csm continua a mietere vittime (leggi l’articolo), un nuovo scandalo tormenta le toghe italiane. Si tratta dell’arresto del giudice per le indagini preliminari della sezione distaccata di Ischia, Alberto Capuano (nella foto), per una torbida vicenda di corruzione, portata alla luce dalla Procura di Roma a cui competono le indagini sui colleghi partenopei, in cui sarebbero emersi anche collegamenti con la camorra. Insieme a lui sono finiti in carcere il consigliere circoscrizionale di Bagnoli Antonio Di Dio, quest’ultimo eletto in una lista a sostegno del sindaco Luigi De Magistris, il pregiudicato Giuseppe Liccardo ritenuto vicino al clan Mallardo di Giugliano, e il libero professionista Valentino Cassini. Arresti domiciliari per il quinto indagato ossia l’avvocato Elio Bonaiuto del foro di Napoli.

Quello scoperto dal procuratore aggiunto Paolo Ielo era un sistema di corruzione, consolidato da tempo, in cui un gruppo di soggetti, all’interno del tribunale di Napoli, riuscivano a “influenzare in vario modo la sorte di importanti processi penali pendenti in fase dibattimentale o in Corte di Appello”. Ruolo di spicco all’interno del gruppo era quello rivestito dal 60enne giudice Capuano che, secondo il gip di Roma Costantino De Robbio, vantava “vere o presunte influenze su numerosi altri magistrati del Tribunale e della Corte di Appello di Napoli” ed era sempre “pronto a spendere i suoi rapporti in cambio di elargizioni di denaro e altre utilità anche di entità economica relativamente modesta”.

E forse è questo l’aspetto più curioso della vicenda perché per far andare per il verso giusto un procedimento bastava davvero poco. Così a fianco a chi ripagava l’aiuto del magistrato con lavori di ristrutturazione, biglietti aerei intercontinentali e pacchetti vacanze in Colombia, c’era chi se la cavava con molto meno. Tessere gratis per stabilimenti balneari, ma anche pastiere (dolce napoletano, ndr) e bottiglie di vino, fino alle somme di denaro in contanti. Insomma qualsiasi cosa valeva un capriccio e quindi una sentenza aggiustata.

Del resto, come si legge nell’ordinanza emessa ieri dal giudice della Capitale: “Non esiste questione in cui il giudice del Tribunale di Napoli, Capuano, abbia rifiutato di entrare” come neanche “corruzione alla quale abbia mostrato, se non distacco morale, almeno disinteresse (…) si trattasse della procedura di abbattimento di un umile manufatto di un fabbro o dell’assoluzione di soggetti accusati di far parte della criminalità organizzata e del dissequestro dei loro beni”.