Mini Sostegni e pure in ritardo. Da Draghi pochi aiuti e solo alle grandi imprese. In teoria si è persino ampliata la platea dei beneficiari. Ma così le somme sono diventate ridicole

Da Draghi pochi sostegni e solo alle grandi imprese. Ma in teoria si è persino ampliata la platea dei beneficiari.

Il primo decreto Sostegni del Governo dei Migliori, capitanato da Mario Draghi, è arrivato il 19 marzo del 2021 (leggi l’articolo). Ed è stato possibile grazie allo scostamento di bilancio – pari a 32 miliardi di euro – autorizzato con il precedente Governo del Conte II. Nella graduatoria degli stanziamenti snocciolata a suo tempo in conferenza stampa dal ministro dell’Economia, Daniele Franco, il primo posto era occupato dagli aiuti alle partite Iva fino a dieci milioni di euro di fatturato 2019, ovvero 11 miliardi di euro.

AMARO IN BOCCA. Ma questo primo decreto ha lasciato l’amaro in bocca a chi – tra commercianti, ristoratori e imprese – l’anno prima aveva ricevuto i ristori del governo Conte. E questo perché con i primi sostegni di Draghi si è ritrovato a prendere meno soldi. Infatti se, da una parte, chi era rimasto escluso – perché il suo codice Ateco non era tra quelli indennizzati per le chiusure anti contagio – si è ritrovato, con il primo provvedimento economico del Governo dei Migliori, a incassare finalmente qualcosa, lo stesso soggetto si è dovuto dall’altra parte accontentare di pochi spicci.

Perché il bonifico arrivato grazie al decreto Sostegni si è fermato, in media, intorno al 2% del fatturato perso nell’anno del lockdown. Un risultato inevitabile. La prima tornata di contributi a fondo perduto del Governo Draghi era scontato che sarebbe stata meno generosa di quelle dell’anno precedente considerando che i Migliori avevano ampliato la platea dei beneficiari ma non quella delle risorse: 11 miliardi totali da spartire però tra circa 3 milioni di partite Iva, contro le 2,4 milioni del 2020. In più i contributi erano commisurati alla perdita media mensile nell’intero anno e non nel solo mese di aprile, che per molte categorie era stato il peggiore.

PREMIATI I CAPITALISTI. Da un’analisi effettuata dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro – come si rileva da una scheda del Corriere.it – mettendo a paragone quanto previsto dal decreto Draghi e quanto erogato, in più tappe, dall’esecutivo Conte prima con il Decreto Rilancio e poi con i Ristori, emerge una situazione che tendeva a premiare i cosiddetti capitalisti, ovvero le aziende più grandi, a fronte delle piccole attività. Queste ultime, infatti, restavano il più delle volte escluse dalle agevolazioni. Mentre quelli che rientravano nelle agevolazioni del decreto Sostegni percepivano una somma ridotta rispetto a quanto previsto dal Rilancio.

Di contro, le aziende sopra i 5 milioni e fino a 10 milioni di fatturato, erano destinate a percepire un bonus a fondo perduto inaspettato. è la solita logica draghiana che premia i più forti a scapito dei più fragili. Il taglio delle tasse, inserito in Manovra, nonostante il Mef e Draghi abbiano provato a sostenere il contrario, finisce per premiare i ceti medi e quelli alti ignorando i redditi più bassi.

NUOVO GIRO. Ritornando ai Sostegni non rimaneva, per “i piccoli”, che incrociare le dita e aspettare il secondo decreto. Il nuovo giro di aiuti a fondo perduto è arrivato il 20 maggio col decreto Sostegni bis. La voce principale del provvedimento è rimasta quella dei ristori con una dotazione di 15,4 miliardi. Col nuovo testo c’è stato un aggiornamento della base di calcolo che apriva le porte a 370 mila imprese che non avevano ricevuto i sostegni di marzo perché il confronto fra 2020 e 2019 non registrava il calo di almeno il 30% che dava diritto agli aiuti. Ma non risolveva il problema di chi si è trovato esodato dai ristori perché nel 2019 ha avuto un fatturato discontinuo.

A fine anno poi in base ai dati dei bilanci o delle dichiarazioni fiscali per chi è in contabilità semplificata sarebbe arrivato un conguaglio perequativo misurato sul peggioramento dei risultati 2020 rispetto al 2019 e pensato per dare un aiuto in più alle imprese che denunciavano una perdita superiore a quella evidenziata dal solo volume d’affari. Un’integrazione quest’ultima voluta fortemente dal ministro leghista Giancarlo Giorgetti. Ebbene qui si sono registrati ritardi faraonici.

Soltanto a fine novembre le partite Iva hanno avuto la possibilità di iniziare a chiedere il contributo a fondo perduto “perequativo” introdotto a primavera. L’istanza – ha fatto sapere il Governo qualche mese fa – poteva essere presentata dal 29 novembre e fino al 28 dicembre mediante i canali telematici dell’Agenzia delle Entrate.

Leggi anche: Quattro decreti in un mese. Ora tutti rimpiangono i ristori di Conte. Nel 2020 si stanziò moltissimo salvando milioni di aziende. Le misure dell’ex premier erano caratterizzate dalle erogazioni automatiche.