Dalla Striscia di Gaza all’Ucraina, la pace promessa da Trump è soltanto un miraggio

Trump verso la resa: la pace promessa in Ucraina e nella Striscia di Gaza è soltanto un miraggio e la realtà è che le guerre continueranno

Dalla Striscia di Gaza all’Ucraina, la pace promessa da Trump è soltanto un miraggio

Dalla promessa, più volte ribadita durante l’infuocata campagna elettorale americana, di riportare la pace nel mondo, alla dura realtà dei fatti. Se c’è un elemento che più di ogni altro testimonia il fallimento dei primi 100 giorni del mandato del presidente americano, Donald Trump, è proprio quanto sta accadendo nei conflitti in Ucraina e nella Striscia di Gaza, che il tycoon aveva promesso di “chiudere rapidamente”. A dirla tutta, inizialmente le cose sembravano volgere a suo favore: era stata raggiunta un’inaspettata tregua in Medio Oriente – malgrado le riserve del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu – e si erano riaperti, contro tutto e tutti, i rapporti con la Russia di Vladimir Putin.

Con quest’ultimo, Trump sembrava condividere l’obiettivo di un cessate il fuoco con Volodymyr Zelensky. Peccato che, su entrambi i fronti, le cose non siano andate come sperato. Nella Striscia di Gaza, infatti, la guerra è ripresa in piena regola dopo appena un mese di tregua – ammesso che la si possa definire tale, visto che Tel Aviv non ha mai fermato i raid, ma li ha soltanto “ridotti in numero e intensità” – mentre in Ucraina le ostilità non si sono mai arrestate.

Putin si burla di Trump

Per quanto riguarda il conflitto tra Mosca e Kiev, il tycoon – in modo a dir poco surreale – ha sempre preso le parti dello zar, scaricando le responsabilità del conflitto su Zelensky. È stato un vero e proprio stillicidio quotidiano di dichiarazioni in cui Trump accusava il leader ucraino di essere “di intralcio” ai negoziati di pace, tanto da aver messo in stand-by le vitali forniture militari per esercitare pressione sull’Ucraina affinché accettasse la tregua, sostenendo che, al contrario, Putin fosse più che disponibile a trattare.

Una tesi insostenibile che, ironia della sorte, gli è valsa le critiche dell’ex presidente Joe Biden. In un’intervista rilasciata ieri alla BBC, Biden ha dichiarato che la linea scelta da Trump sull’Ucraina – volta a forzarla a cedere territori alla Russia pur di arrivare a un accordo di pace – rappresenta un “appeasement moderno”. Può sembrare una frase come tante, ma la parola “appeasement” richiama esplicitamente la politica dell’ex primo ministro britannico Neville Chamberlain negli anni ’30, volta a placare le ambizioni espansionistiche di Adolf Hitler. Una strategia che, come noto, non riuscì a impedire lo scoppio della Seconda guerra mondiale. Ma non è tutto. Il fallimento della strategia di Trump emerge anche da un altro elemento: da settimane il presidente americano appare sempre più pessimista sulla riuscita dei negoziati di pace, tanto che, secondo i media americani, si sarebbe ormai “stancato” dello zar, convinto che stia soltanto fingendo di voler la pace.

Questo gelo crescente trova conferma anche nelle parole del vicepresidente degli Stati Uniti, JD Vance, che ha criticato duramente le richieste avanzate da Mosca nei negoziati, affermando che la Russia “sta chiedendo più di quanto sia ragionevole offrire”. Lo stesso Vance ha aggiunto che negli Stati Uniti “sapevamo che la Russia avrebbe chiesto troppo, perché la sua percezione della guerra si basa sull’idea di stare vincendo. Ma non può pretendere territori che non controlla. E questo è esattamente ciò che hanno incluso nella loro proposta di pace”.

Bibi ignora il tycoon

Ancora più ingarbugliata appare la situazione in Medio Oriente, dove la parola “pace” è tornata a essere un tabù, complice la linea intransigente del governo israeliano. A causa di questo atteggiamento, secondo quanto riportato dal quotidiano Israel Hayom, Trump “ha perso la pazienza” con il primo ministro Benjamin Netanyahu e avrebbe deciso di procedere autonomamente con le proprie iniziative nella regione, senza più consultarlo. La prima mossa è stata l’annuncio, da parte dell’ambasciatore americano in Israele, Mike Huckabee, della ripresa immediata dell’invio degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza, bloccati da Netanyahu a inizio marzo.

La seconda, rivelata dal quotidiano Haaretz, consiste nell’aver incaricato i suoi fedelissimi di esercitare “forti pressioni” su Israele affinché raggiunga un accordo con Hamas prima della visita presidenziale prevista per la prossima settimana. Ancora più indicativa è la notizia, sempre riportata da Israel Hayom, secondo cui Trump sarebbe “furioso” con Netanyahu, reo di “non considerarlo come dovrebbe”. L’amministrazione israeliana, infatti, anziché valutare l’ipotesi di fermare le ostilità, avrebbe condotto per settimane un forsennato pressing sull’ex consigliere per la Sicurezza Nazionale di Trump, Mike Waltz, affinché appoggiasse “un intervento militare contro l’Iran”. Tutti segnali che fanno apparire la pace promessa da Trump, tanto in Ucraina quanto nella Striscia di Gaza, come un miraggio sempre più lontano.