Zelensky non si accontenta più. Dopo i tank vuole i caccia

Dopo i carri armati il presidente ucraino Zelensky chiede l'invio di missili a lunga gittata e caccia da combattimento.

Zelensky non si accontenta più. Dopo i tank vuole i caccia

Dopo undici mesi di conflitto ci abbiamo fatto l’abitudine che davanti a ogni esultanza da parte di Volodymyr Zelensky, puntuale come un orologio svizzero arriva la rappresaglia di Vladimir Putin. E non poteva che andare così anche questa volta dopo che il presidente ucraino ha brindato a seguito del via libera della Germania all’invio dei carri armati Leopard e dalla promessa degli Stati Uniti di fornire trentuno tank Abrams.

Dopo i carri armati Zelensky chiede l’invio di missili a lunga gittata e caccia da combattimento

Un annuncio che è stato accolto dal Cremlino nel peggiore dei modi, ossia con una pioggia di missili su tutta l’Ucraina e dichiarazioni di fuoco come quelle del segretario del Consiglio di Sicurezza russo, Nikolay Patrushev, secondo cui è ormai chiaro a tutti che “Usa e Nato sono diventati parti attive nel conflitto”.

Chiaramente non c’è da stupirsi per la reazione violenta perché era largamente ipotizzabile, ma questo attacco più di altri ha il sapore amaro dell’ammonimento. Già perché il Cremlino ieri non ha usato vecchi arnesi rimasti parcheggiati in qualche polveroso deposito dell’ex Urss ma, al contrario, una trentina di missili ipersonici Kinzhal.

L’Italia ha promesso di inviare a Kiev il sistema di contraerea italo-francese Samp/T

Si tratta di uno dei tanti – e temibili – armamenti ad alta tecnologia a disposizione dello Zar e che grazie alla loro velocità sono in grado di eludere anche i più moderni sistemi di difesa, inclusi gli Samp/T di fabbricazione italo-francese che Guido Crosetto ha promesso a Zelensky. Cosa ancor più grave, si tratta di un sistema missilistico che può essere caricato con testate convenzionali o anche termonucleari, ed è sganciabile con estrema facilità dai caccia supersonici MiG-31K.

Insomma la sensazione è che se l’occidente sta alzando la posta, con l’invio dei Leopard tedeschi, degli Abrams americani e del sistema di contraerea italo-francese Samp/T, la Russia non è rimasta ferma a guardare. Cosa ancor peggiore il fatto che sia stato lanciato un così massiccio attacco missilistico, per giunta facendo largo uso dei Kinzhal, smonta la fake news secondo cui Mosca avrebbe dato fondo a tutti i suoi sistemi di arma.

Quel che è certo è che l’attacco di ieri ha nuovamente messo in ginocchio il sistema energetico dell’Ucraina. Come riporta in una nota Ukrenergo, la società nazionale dell’energia dell’ex repubblica sovietica, “le infrastrutture energetiche sono state danneggiate in diverse regioni e le principali apparecchiature ad alta tensione sono state distrutte nella regione di Dnipro”. “Durante l’attacco sono stati introdotti arresti di emergenza in tutta l’Ucraina. Le restrizioni pianificate stanno ora gradualmente tornando e sono stati fissati limiti di consumo in tutte le regioni” conclude la nota della società energetica.

Zelensky e Putin sembrano allergici a ogni ipotesi di far finire il conflitto

Insomma tutto lascia pensare che siamo davvero a un passo dal baratro e sarebbe il caso di iniziare a cambiare strategia, puntando sul dialogo e sulla pace. Peccato che Zelensky e Putin sembrano allergici a ogni ipotesi di far finire il conflitto, con il primo che non perde occasione per provocare alzando ulteriormente la posta in gioco.

È successo anche ieri quando il leader ucraino prima ha ringraziato “la Germania, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti per aver preso la decisione” di inviare i loro carri armati, per poi aggiungere che “parlando francamente, il numero di carri armati e il tempo di consegna all’Ucraina sono cruciali”. Insomma il senso è che bisogna fare di più e anche in fretta. Ma Zelensky non si è fermato qui e poco dopo ha aggiunto che all’Ucraina per “vincere la guerra” ha bisogno urgentemente di “missili a lunga gittata” e “caccia da combattimento”.

Qualcuno può pensare che sia una boutade, specie considerando che l’eventuale fornitura di aerei da guerra difficilmente potrà essere giustificata riconducendoli al concetto di “armamenti difensivi”, ma la realtà sembra essere ben diversa. Stando a quanto riporta Politico se ne sta già discutendo negli alti comandi militari statunitensi ed europei.

Per il momento il via libera appare ancora molto distante ma alcune fonti, come riferiscono al quotidiano americano, sostengono che “sui caccia militari c’è una linea rossa, ma l’estate scorsa avevamo una linea rossa sui lanciarazzi multipli Himars e quella si è spostata. Poi è toccato ai carri armati, e si sta spostando”. Parole che lasciano presagire come l’eventualità di un invio di aerei ora non è più preclusa a priori.

Conte: “L’Ue non sta facendo abbastanza per cercare di indirizzare questo conflitto a una soluzione”

Davanti a una situazione in continua evoluzione e che rischia di precipitare, il presidente M5S Giuseppe Conte, in un’intervista rilasciata ad Euractiv, ha affermato che “l’Ue non sta facendo abbastanza per cercare di indirizzare questo conflitto a una soluzione, per cercare di individuare una via d’uscita da questo conflitto. Robert Schuman, padre fondatore della casa comune europea, diceva che la pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non a prezzo di sforzi creativi. Ecco, io non vedo sforzi creativi, non vedo coraggio in questa fase storica da parte dell’Unione”.

Al contrario “vedo un’Unione europea che non riesce a tirare fuori una posizione comune e a costruire un percorso che sia in qualche modo alternativo rispetto all’unica strada che adesso stiamo attraversando e percorrendo, quella di un’escalation militare”. Dello stesso avviso la ex senatrice Loredana De Petris, del Polo Progressista, secondo cui “le nostre peggiori previsioni si stanno purtroppo avverando.

La decisione di fornire l’Ucraina dei carri armati Leopard 2 segna un passo decisivo e forse senza ritorno sulla strada dell’escalation. È stata aperta una porta che doveva restare chiusa, per la quale passeranno armi sempre più micidiali e offensive accettando il rischio di un disastro globale”.

Una situazione che secondo la De Petris “era evidente sin dall’inizio” perché “la strada della trattativa e quella dell’escalation non erano compatibili e la Nato aveva scelto la seconda sacrificando ogni tentativo di risolvere il conflitto per via diplomatica”. Poi la stessa conclude dicendo di augurarsi “che ora, anche in Parlamento, si levino altre voci di ragionevolezza, prima che sia troppo tardi”.

 

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