L’Alta Corte di Tokyo ha annullato la storica sentenza di risarcimento da circa 80 miliardi di euro disposta a carico della vecchia dirigenza della Tepco, la compagnia elettrica che gestiva la centrale nucleare di Fukushima Daiichi, protagonista dell’incidente nucleare più grave del Giappone dopo Hiroshima e Nagasaki. Una decisione che ribalta completamente l’orientamento espresso in primo grado e che riapre una ferita ancora aperta per migliaia di cittadini colpiti dalle conseguenze del disastro.
La tragedia risale all’11 marzo 2011, quando un terremoto di magnitudo 9.0 al largo della costa nordorientale del Giappone innescò uno tsunami con onde alte oltre 15 metri. L’ondata si abbatté anche sulla centrale di Fukushima, causando il collasso del sistema di raffreddamento e la fusione del nocciolo in tre reattori. A più di dieci anni di distanza, le conseguenze del disastro restano tangibili: decine di migliaia di sfollati, vasti territori contaminati e una profonda crisi di fiducia nell’industria nucleare giapponese.
Fukushima, per l’Alta Corte lo tsunami era imprevedibile: respinto il risarcimento
Nel processo civile di primo grado, il Tribunale Distrettuale di Tokyo aveva riconosciuto la responsabilità del precedente team dirigenziale di Tepco, sostenendo che la compagnia avrebbe potuto prevedere la possibilità di uno tsunami di quelle proporzioni e che avrebbe avuto il dovere di predisporre adeguate misure di contenimento. La sentenza rappresentava un importante riconoscimento per le vittime dell’incidente, in particolare per i familiari dei deceduti e per le migliaia di persone costrette ad abbandonare le proprie abitazioni.
Ma l’Alta Corte ha deciso diversamente. Nella sentenza di appello, i giudici hanno dichiarato che lo tsunami del 2011 “non poteva essere previsto”, aggiungendo che non vi era “nessun senso di urgenza o di realtà” nel contesto delle conoscenze scientifiche disponibili all’epoca. In altre parole, la catastrofe fu talmente straordinaria da non poter essere prevista o evitata, anche con una condotta più prudente da parte della dirigenza della società energetica.
Una presa di posizione netta, che esclude ogni responsabilità civile dell’ex management di Tepco per il disastro, nonostante le pesanti accuse mosse in passato. La decisione è stata accolta con delusione da parte delle vittime e dei loro legali, che da anni portano avanti una battaglia per il riconoscimento delle responsabilità individuali nella catena di eventi che ha portato al collasso della centrale.