Tanti articoli sull’aggressione americana all’Iran, ma neppure una parola sulla sua illegalità. Solo toni di ammirazione per i cowboys dell’aria. Se la stessa cosa l’avessero fatta i russi, apriti cielo, avremmo letto solo parole di condanna. Trump è come i suoi predecessori: esporta democrazia a suon di bombe.
Piero Concetti
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Gentile lettore, se Putin avesse scagliato un sasso con la fionda contro Israele, i nostri giornali si sarebbero strappati i capelli con urla indignate. E invece l’America manda sette bombardieri strategici, 125 aerei e tre flotte a riversare sull’Iran 14 bombe di potenza pari a mezza atomica e centinaia di missili compresi i Tomahawks sparati dal sommergibile Georgia, e i nostri giornalisti esultano in un unico, grande orgasmo generale: “Subito dopo il tramonto, mentre i sette cavalieri dell’Apocalisse solcavano i cieli” (Repubblica), “Come in Top Gun Maverick, il film interpretato da Tom Curise” (sempre Repubblica), “Hanno sganciato 14 GBU-57, superbombe da 14 tonnellate” (Corriere della sera), “Attacco all’Iran, non solo Fordow: l’impresa ad Isfahan” (Libero). Insomma, un peana collettivo. Lei dice: la solita esportazione di democrazia con le bombe. Eh, no, qui non ci siamo. Le cose si sono evolute: adesso non esportiamo democrazia bensì pace a suon di bombe. Non ha sentito che Trump vuole il Nobel per la Guerra, pardon per la Pace (ma poi si è lamentato: “È inutile, il Nobel lo danno sempre ai democratici”)? E non ha sentito, nelle scorse settimane, Ursula von der Bombe spiegare che “Otterremo la pace attraverso la forza”? Olè bombe per la pace e chi s’è visto, s’è visto.