Annullare la decisione con cui il Tribunale del Riesame oltre un mese fa ha revocato i domiciliari ad Alessandro Scandurra, ex componente della Commissione paesaggio di Palazzo Marino, tra gli arrestati nella maxi indagine sulla gestione dell’urbanistica in città in cui è contestata, oltre agli abusi edilizi e al falso, la corruzione. È quanto ha chiesto la Procura di Milano nel suo ricorso in Cassazione depositato ieri.
Per i pm le motivazioni dei giudici sono “illogiche“, per l’omissione della valutazione di una serie di prove. E per oggi è atteso un ricorso analogo che riguarderà il costruttore Andrea Bezziccheri, scarcerato sempre ad agosto scorso.
Il Tribunale del Riesame nel ritenere che Scandurra, posto ai domiciliari dal gip Mattia Fiorentini lo scorso luglio, dovesse tornare libero, ha motivato spiegando che negli atti, chat comprese, mancava la prova di un patto corruttivo. E che non bastava sostenere che un architetto, anche funzionario pubblico nella Commissione paesaggio, “in presunto conflitto di interessi”, avesse incassato soldi per incarichi dalle imprese, le stesse che hanno poi ottenuto dalla commissione paesaggi pareri favorevoli sui progetti immobiliari al centro delle indagini. Secondo i giudici, che non avevano lesinato toni pesanti sull’impianto dell’inchiesta, nella ricostruzione dei pubblici ministeri e del giudice ci sarebbe stata, a loro avviso, una “semplificazione argomentativa svilente”.
I pm: “Non considerate prove inconfutabili”
Per la Procura, al contrario, tali motivazioni non hanno tenuto conto di una serie di prove inconfutabili sia sulla corruzione, che sul conflitto di interessi. Si presume che gli stessi concetti verranno espressi nel ricorso su Bezziccheri, il patron di Bluestone e unico a finire in carcere. Va sottolineato che un collegio diverso ma sempre del Riesame, in merito alle posizioni dell’ex assessore Giancarlo Tancredi, del presidente della Commissione poi azzerata, Giuseppe Marinoni, e del manager privato Federico Pella, ha invece avallato l’ipotesi dell’accusa pur alleggerendo le misure cautelari dai domiciliari a interdittive e rimodulando la corruzione in “corruzione impropria” con “vendita della funzione” pubblica.