I partiti hanno tradito gli italiani. Seggi ridotti e referendum. Così risorge l’iniziativa popolare. Parla il senatore Perilli, vice capogruppo M5S al Senato: “Chi legifera, ha l’obbligo di coinvolgere gli elettori”

Intervista al vice capogruppo M5S al Senato Gianluca Perilli

Gianluca Perilli non è solo un senatore. È uno che mastica diritto, comprende i vuoti della nostra legislazione e sa dove e come dover intervenire al di là di meri interessi di partito. Non è un caso che sia una sorta di faro, all’interno del Movimento cinque stelle, per tutto ciò che riguarda le riforme costituzionali. Al di là delle proposte note, dal referendum propositivo al taglio del numero dei parlamentari, (leggi articolo), se ne aggiunge un’altra contenuta in un ddl depositato dallo stesso Perilli, dal titolo inequivocabile: “Introduzione di un vincolo per il legislatore di rispettare la volontà popolare espressa con referendum abrogativo”. “Questa riforma – spiega Perilli – subentra nel dopo-referendum. Diciamo che chiude un po’ il cerchio”.

In che senso senatore?
“Il dibattito ora è incentrato sul referendum propositivo e abrogativo. Però poi c’è un dopo nel caso dell’abrogativo. Se dovesse passare un’abrogazione, c’è la questione di preservare questo verdetto. E qui subentra la mia proposta”.

Che consiste in un vincolo per il Parlamento.
“Esatto. Un vincolo per il legislatore affinché venga rispettata la volontà popolare espressa con il referendum abrogativo”.

Perché c’è quest’esigenza?
“Ci sono state delle leggi sulle quali i cittadini si sono espressi e poi il legislatore, però, è intervenuto legiferando di nuovo in materia, tradendo la volontà popolare. Penso all’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti poi reintrodotto sotto la veste di rimborsi elettorali”.

In cosa consisterà questo vincolo?
“In caso di legge abrogata tramite referendum, il legislatore non potrà più intervenire su quella materia per almeno cinque anni. Il vincolo ovviamente non è assoluto anche perché non sarebbe corretto dal punto di vista legislativo. Si pongono però dei paletti più stringenti: per intervenire occorre una maggioranza assoluta dei componenti delle Camere. D’altronde la Corte costituzionale ha più volte invocato un bilanciamento”.

Cioè?
“Se da una parte la legge oggi stabilisce che, in caso di esito negativo di referendum abrogativo, non si possa riproporre lo stesso referendum per cinque anni, dall’altra manca un contraltare. Io ho ipotizzato che in caso di esito positivo sia rispettata la volontà popolare per pari tempo”.

Intanto la discussione è tutta sul referendum abrogativo e propositivo. Alla fine si è trovati un accordo sul quorum al 25%. È stata una mediazione al ribasso per il Movimento?
2Non si può parlare di mediazione, perché non si è più discusso di quorum strutturale ma di una nuova ipotesi: il quorum approvativo. Il referendum sarà valido se dirà sì il 25% degli aventi diritto. Tutti saranno così incoraggiati a partecipare, anche chi è contrario. Abbiamo stabilito un percorso molto chiaro e puntuale di riforme. Ci rendiamo conto, però, che ci debba essere un consenso ampio. In seno alla discussione è nata questa proposta che in realtà rappresenta un passo in avanti: è rafforzativo dei principi della democrazia”.

Per quanto riguarda gli altri ambiti di intervento, a che punto siamo?
“In commissione Affari costituzionali abbiamo già terminato la discussione sulla proposta di legge di riduzione dei parlamentari e ora si stabiliranno le piccole modifiche alla legge elettorale indispensabili affinché sia applicabile a prescindere dal numero dei parlamentari”.

A proposito della riduzione dei parlamentari, c’è unità di intenti?
“L’unità di intenti non c’è per niente fuori dalla maggioranza. Siccome questa cosa non si è mai fatta, nessuna delle altre forze politiche ha il coraggio di andarsi ad auto-danneggiare. Finora ha regnato l’idea che bisogna tenersi stretta la poltrona. Noi, in nome di un principio a detta loro autolesionista, vogliamo cambiare le cose, rimaniamo convinti che sia una riforma che ci adegua agli altri Paesi europei e che obbedisce ai principi di efficienza”.

Le rigiro l’accusa: il Movimento è autolesionista?
“Tutt’altro. Questo rivela la bontà dell’obiettivo. Noi non guardiamo al nostro tornaconto a differenza degli altri.
La strada della democrazia diretta, dunque, è solo all’inizio”.

Anche negli altri Paesi, penso ai gilet gialli, c’è una richiesta forte di una maggiore partecipazione alla vita politica.
“Chi deve legiferare, ha l’obbligo di coinvolgere i cittadini. Urge, pertanto, fornire gli strumenti adeguati. E questo, a sua volta, incentiverà tutti a partecipare.

I partiti cominciano a capire questo gap?
“Sì. Hanno capito che in passato non si è fatto ciò per cui si era stati eletti: trasformare le istanze in proposte. C’è stata un’autoreferenzialità che ha creato uno scollamento con la società”.