Il Viminale spara sulle vittime innocenti di mafia. Mille scuse pur di non pagare. Malgrado la scelta sia stata bocciata da Avvocatura e Consiglio di Stato

Non ti pago. Quella che sta andando in scena da troppo tempo al Viminale non è purtroppo una commedia di Eduardo De Filippo, ma l’ennesimo schiaffo alle vittime innocenti di mafia. Chi si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato, cadendo sotto i colpi esplosi dai sicari dei clan, non ha giustizia. Il Ministero dell’interno sta ricorrendo a mille espedienti pur di non pagare a vedove e orfani i risarcimenti previsti dalla legge, ignorando le sentenze emesse da diversi Tribunali e gli stessi pareri che ha richiesto all’Avvocatura generale dello Stato e al Consiglio di Stato.

Matteo Salvini, come prima di lui Angelino Alfano e Marco Minniti, sta proseguendo in una vera e propria battaglia contro le vittime e lo sta facendo anche dopo che il caso è stato denunciato alla commissione parlamentare antimafia dall’avvocato Giovanni Zara. Basta una vecchia accusa di abusivismo edilizio o per non aver versato l’Iva e gli uomini del Capitano bloccano i risarcimenti. Le storie sono choccanti. è stato persino sostenuto che i familiari di Tammaro Cirillo, sindacalista assassinato a Villa Literno il 2 luglio 1980, per essersi opposto a far entrare nei cantieri le ditte legate ai clan, hanno presentato la richiesta di risarcimento in ritardo per non tirare fuori un centesimo. Lo stesso, accampando la scusa di una parentela scomoda, per i familiari di Antonio Celiento, ucciso a Castel Volturno il 18 settembre 2008, dopo aver confidato a un amico carabiniere dove si nascondevano due latitanti del clan dei Casalesi.

Tanto per fare qualche altro esempio ecco poi il no alla famiglia di Flavio Russo, colpito da un proiettile vagante nel 1992 a San Cipriano d’Aversa. Il Viminale ha rispolverato le accuse di furto di energia elettrica e abusivismo edilizio che erano state mosse venti anni prima al padre della vittima, sostenendo che a quel punto non si potevano considerare i Russo estranei a contesti delinquenziali. E dopo che lo scorso anno il Tribunale di Napoli ha bocciato la scelta del Ministero di negare il risarcimento, per tutta risposta il Viminale ha fatto appello. Con la conseguenza che il dicastero di Salvini si sta ora trovando a dover alla fine pagare sia i risarcimenti che le spese legali e gli interessi.

Ma la battaglia contro le vittime innocenti di mafia va avanti. Come nel caso della moglie e dei figli di Pasquale Pagano, assassinato a Casapesenna per uno scambio di persona, il 26 febbraio 1992, che si sono visti additare come una famiglia che aveva un parente legato ai clan. Scelta bocciata dal Tribunale di Roma, che anche questa volta non ha però portato il Viminale a desistere. Le leggi sui risarcimenti alle vittime sono state varate per aiutare chi è stato colpito dai clan, far sentire la presenza dello Stato in territori difficili e invitare i cittadini a collaborare con le forze dell’ordine e la magistratura nella lotta alle mafie. Una precisa direttiva data nel 2003 dal commissario per la solidarietà alle vittime di reati di stampo mafioso, Cortellessa Dell’Orco, invitava quindi a far presto nei risarcimenti e nel dare il massimo sostegno a chi ha subito lutti a causa dei clan senza avere nulla a che fare con le organizzazioni di stampo mafioso. Tutto dimenticato negli ultimi quattro anni. Eppure Salvini ripete prima gli italiani.